mercoledì 27 agosto 2008
La gallina dalle uova d'oro
Per fortuna almeno una volta all'anno in questo paese si parla, spesso si “sparla”, di scuola. Questo è il periodo fortunato: l'inizio delle attività didattiche alle porte incita molti a riportare all'attenzione pubblica la questione della formazione, con un susseguirsi ansiogeno di interventi e di proposte per migliorare il “sistema scuola” in Italia. Si parte sempre con il tormentone del caro libri, poi si passa agli stipendi degli insegnanti e alla loro formazione, ci si riempie la bocca con la questione della meritocrazia e si fa un gran parlare di adeguamento dei programmi e degli obiettivi didattici. Per la scuola che sta per iniziare e per noi insegnanti (alcuni, come me, ancora in attesa di sapere in quale scuola saranno “sbattuti”) sembra di essere in campagna elettorale, ovvero in mezzo a una gara a chi la spara più grossa. Il ministro fa promesse, assicura grandi cambiamenti, parla di autonomia dei dirigenti scolastici, si fa paladina della lotta al bullismo e si fa bella garantendo nuove e più cospicue risorse per il sistema istruzione. Peccato che quando si tratta di mettere la mano al portafoglio, cioè alla fine e non all'inizio dell'anno scolastico, si dimentica sempre di quanto detto ad alunni, genitori ed insegnanti sotto il sole di agosto e stringe la cinghia. Così noi insegnanti ci troviamo ad entrare in classe in una sorta di ubriacatura di promesse, resa ancora più insopportabile dal solleone di agosto. E sappiamo che cosa ci attende, al di là dei fuochi di artificio di parole a cui Maria Stella Gelmini ci chiede di assistere, quasi per rendere ancora più piacevoli gli ultimi giorni di vacanza. Ma quest'anno la neo-ministra, dal suo cappello di Mary Poppins, non solo ha tirato fuori il sette in condotta e il grembiulino alle elementari (ne vogliamo parlare?), ma ha parlato di educazione alla legalità e alla cittadinanza. Peccato che questa gallina dalle uova d'oro dimentica di far parte di un governo che alla legalità e alla cittadinanza dovrebbe educare per primi i suoi ministri, nonché il suo presidente e che le politiche del suo governo hanno talmente interiorizzato il non rispetto delle regole che i miei alunni dicono che sono comunista solo perchè ne chiedo, al contrario, un rispetto integrale. Buon inizio di scuola a tutti.
lunedì 25 agosto 2008
Che sia presto
Non so dove l'abbia accompagnata il mio ultimo saluto; le mie perdite, quelle che ci sono state e quelle che ci saranno, non sono addolcite (ma lo possono realmente essere i lutti?) dalla fiducia di una vita dopo la morte. Non possiedo consolazioni trascendenti alla fine di ognuno e, incapace di trovare risposte, mi affido a uno scarno libricino che lessi, commovendomi fino alle lacrime, molti anni fa e che, in questa occasione, ho tirato giù dallo scaffale più alto della mia libreria.
«“E' in età di morire”. Tristezza, esilio dei vecchi...Non esiste una morte naturale: di ciò che avviene all'uomo, nulla è mai naturale, poiché la sua presenza mette in questione il mondo. Tutti gli uomini sono mortali: ma per ogni uomo la propria morte è un caso fortuito, ed anche se la conosce e vi acconsente, una indebita violenza...”
Simone de Beauvoir, Una morte dolcissima
mercoledì 13 agosto 2008
A casa
Ancoraggio che si è fatto più forte anche su quegli scogli liguri, in quell'entusiasmo di adolescenti a goderci finalmente dieci giorni senza interruzioni, treni, arrivi e partenze. E che si fa ancora più tenace di fronte al corpo di mia madre, che sembra chiedermi una maggiore vicinanza, un affetto manifesto e sfacciato, una presenza che scaldi e rassicuri. Anche lei mi sente più sicura e meno sfuggente e la vedo tranquilla, per quello che può, con la battaglia che sta combattendo. E io sono qui e lei adesso lo sa che me ne andrei solo per una città che, anche se non parla la mia lingua, parla la sua. E forse ci andrei anche per sentirmela per sempre vicina.
“Tutti mi dicon Maremma Maremma
e a me mi pare una Maremma amara
l'uccello che ci va perde la penna
io c'ho perduto una persona cara
sia maledetta Maremma Maremma
sia maledetta Maremma e chi l'ama...
Sempre mi trema il cor quando ci vai
perchè ho paura che 'un torni mai
sia maledetta Maremma Maremma
sia maledetta Maremma e chi l'ama...”
("Maremma amara", canzone popolare toscana)
sabato 19 luglio 2008
Berlin
lunedì 23 giugno 2008
Girando tra i banchi
Ah dimenticavo, stasera un pensiero affettuoso va a due compagni di scuola che ho perso di vista lungo il cammino, ma a cui devo un po' quel successo, in quell'estate del 1993: senza Massimiliano e Mariella chi l'avrebbe risolto quel maledetto studio di funzione?
Canzone di oggi, ascoltata a ripetizione: “Disamistade”, Fabrizio de Andrè.
Buoni esami a tutti.
lunedì 16 giugno 2008
Scene di fine anno
Prima scena – Non so perché ma le bimbe di prima classico arrivano a scuola prestissimo, intorno alle 7.40. Mi sono chiesta, per tutto l’anno, perché stiano ad aspettare il suono della campanella per un tempo così dilatato. Strano, loro che considerano i minuti di sonno sacri ed intoccabili. Così ripenso alle mie attese davanti al cancello in attesa che il mitico Pampaloni aprisse la porta, per sgattaiolare dentro e sperare nella puntualità di Cristina e anche nella sua umanità nel passarmi la versione di latino o gli studi di funzione. E con la mente a quasi venti anni fa, mi chiedo che cosa ci facciano sulle scale così presto, loro che si passano tutto “via messenger” o via e-mail, con quegli indirizzi poetici o inquietanti…Li guardo ciondolare sulla scalinata davanti alla porta, ricercare in quella sigaretta penzolante dalle labbra una adultità negata dall’anagrafe e ricercata nei gesti simbolici dei grandi, con quei pantaloni che scendono sulla vita e lasciano in mostra le mutandine colorate, con quelle pance scoperte anche nei giorni rigidi dell’inverno, con quei pacchetti di Marlboro che spuntano dalla tasca dei jeans e quelle dita che scorrono velocissime sulle tastiere dei cellulari. Li guardo con quelle cuffiette sempre incastonate nelle orecchie, con quegli I-pod sempre più tecnologici, sempre più potenti, sempre più colorati. Li ascolto mentre modulano il loro dialetto ostentato, mentre inventano lemmi di un nuovo vocabolario intimo e clandestino, mentre si nascondono ai nostri sguardi da adulti. E allora mi chiedo: ma non è, il mio, il lavoro più bello del mondo?
Seconda scena – Mi macchio del peggior difetto per un insegnante: la parzialità. Decido, dopo essermi arrovellata per giorni, di fare un regalino alle mie due “Alunne”, quelle con la A maiuscola. Mi sono sempre impegnata nell'essere obiettiva e, di fronte, ad una particolare simpatia e ad uno affetto marcato ho sempre peccato per difetto e mai per eccesso, magari ho tolto, più che regalato qualcosa. Ma l'affetto non può essere imparziale e i ragazzi non ti danno, né ti chiedono, allo stesso modo. Ho regalato libri, ovviamente, libri diversi, come diverse (direi opposte) sono le destinatarie. Mi chiedo ancora se abbia fatto bene oppure no, se un insegnante può smascherare le sue emozioni. Poi mi dico, “cazzarola Barbara” ma se tu facessi un po' le tue scelte senza macerarti dietro errori presunti, senza scandagliare le tue azioni alla ricerca del passo falso, senza ruminare continuamente sui tuoi pensieri? Comunque A. ha già scritto e dice che trova il libro “incantevole”.
Terza scena – I ragazzi di terza si abbracciano e piangono. E' chiaro, per loro, che questo ultimo giorno di scuola significa la fine di un capitolo. E sono più spaventati che entusiasti a questo cambio di scena. Io li guardo e penso come si farà a far sì che questa classe sgangherata non abbia un tracollo alla prova di greco e riesca a non affondare all'orale. Che classe, che agglomerato di “casi particolari”, come amano definirsi loro. Li guardo e mi chiedo quando cominceranno ad uscire da questo stato indefinito e torno con la mente alla mia indeterminatezza dei loro anni. Cerco di immaginarli fra vent'anni, invento le loro vite in un prossimo futuro, mi nascondo in una trama di ricordi e vado via da quelle aule, da quel continuo brulicare e canticchio una canzone della mia adolescenza:
“Compagno di scuola, compagno di niente, ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu...”
venerdì 6 giugno 2008
Controvento
Adesso sembra andare meglio, sembra, perchè, come già so, si tratta di una tregua.
Così ieri, mentre correvo sul lungolago di Orbetello e soffrivo la fatica per un insopportabile vento contrario, ho capito che a volte la mia vita è proprio aderente al mio procedere, una faticaccia, in cui cerco di fare il meglio, ma in cui corro sempre controvento. Spero che la tempesta di emicrania mi lasci in pace per un po' e mi faccia "correre" senza arrivare esausta ad ogni traguardo. Un caro saluto a tutti.
martedì 22 aprile 2008
Silenzio stampa
E’ esaurita la mia settimana di “silenzio stampa”. Lo sapevo, lo sapevamo, credo. Credo di poter parlare a nome di molti adesso. Ma quello che mai mi sarei immaginata è una vittoria così schiacciante ed umiliante, nonostante l’andamento della campagna elettorale degli ultimi giorni, così carica di cedimenti, di passi falsi da parte di una destra che mi sembrava aver gettato la maschera per mostrare il suo vero volto arrogante e violento. Certo mai mi sarei aspettata che dopo l’uscita sull’“eroe Mangano”, Raffaele Lombardo sarebbe riuscito a doppiare la Finocchiaro e che così tanti italiani avrebbero scelto, nel silenzio dell’urna, la prepotenza padana.
Adesso sono in attesa, come tutti. In attesa di questi nuovi ministri, con il nome di Sandro Bondi che aleggia sulle nostre teste di poveri insegnanti precari. Inizia anche la riflessione sulle nostre colpe, con tutti che accusano tutti, in una montante comicità che ha dell’assurdo e che passa da Veltroni che dice di non aver avuto tempo, per arrivare a Diliberto che continua a ragionare sui simboli, dimostrando, ancora una volta, il suo totale scollamento dalla realtà. Che Italia. Quella di sempre, mi verrebbe da dire. Perché in fondo, a parte la parentesi delle elezioni del 1976, il nostro paese è sempre stato moderato-conservatore. Sì, a parte la parentesi del 1976, quando apparivano orami aperti quegli spazi di “felicità pubblica” in grado di trasformare il nostro paese. “Paese mancato”, come lo chiama Guido Crainz, “mancato” perché presto fagocitato dalla violenza degli anni a venire e stordito dagli Ottanta che hanno poi partorito quel modello (tutto italiano) che è il berlusconismo. Non riesco molto a scrivere della sconfitta elettorale in questi giorni, nonostante io abbia avuto una precosissima iniziazione alla politica che è presto diventata per me come una seconda pelle. Sarei nuda, senza politica, non sarei la Barbara che sono. Eppure oggi questo antico amore mi rende muta, incapace di emettere persino un sibilo, mentre dentro ho una rabbia che vorrebbe esplodere in un urlo. Guardo i miei ragazzi che mi chiedono che cosa penso di questo risultato e vorrei gridare anche per loro, che, lobotomizzati come sono dalla pseudo-cultura di questa Italia, non sanno neppure che cosa significhi urlare.
domenica 6 aprile 2008
Tutta la vita davanti
Con il pensiero fisso a Costanza lascio la mia mente ripercorrere quegli strani e tortuosi percorsi che mi hanno portato sulla laguna: comincio da quella casa in quella triste periferia pisana che, a vederla oggi, sembra proprio un altro mondo, penso alle lezioni alle scuole private, alla mia esperienza fiorentina, a quella parentesi quinquennale di ricerca all’Università di Firenze che, a parte Londra, ha rappresentato l’atto più oscuro di tutta la commedia della mia vita. Sì, perché fortunatamente, è stata proprio una commedia: bella, divertente, piena di sorprese. E anche oggi, nonostante quei sacrifici che la signora S. usa come minaccia contro sua figlia, credo che non vorrei fare altro che questo e credo di aver fatto bene, quando davvero avevo “tutta la vita davanti”, ad imboccare quel sentiero anziché un altro. Così, dopo tutte queste riflessioni sulle mie scelte passate, me ne sono andata a Roma a vedere l’ultimo film di Virzì con Riccardo e con Alida, che mi ha accompagnato in questo viaggio fin dalla partenza pisana e che, come me, arranca un po’ vicino al traguardo. Sprofondata in una poltroncina di un multi-sala, mi sono goduta il nuovo gioiellino di Virzì (maledetti toscani, direbbe qualcuno!) ed ho deciso che inviterò la mia alunna a vederlo. Non so che effetto le farà: è probabile che la spaventi ancora di più o forse, che la porti a credere che, in fondo, potrebbe valerne la pena. Qualunque sarà la sua scelta, invidio la sua età così infarcita di incertezze e di paure, ma così piena di possibilità e di strade da imboccare e mi piace pensare che, forse, di fronte a quei bivi, anche un po’ della mia filosofia spicciola servirà a qualcosa. Brava Costanza e bravo Virzì, che ci hai offerto allo sguardo una delle nostre, tante, indistinguibili, caverne platoniche (ma proprio una mamma che muore di cancro dovevi metterci, per farmi commuovere fino alle lacrime???)
Culodritto, cosa vuoi che ti dica?
venerdì 28 marzo 2008
Ritardi
"In occasione della Giornata Mondiale della Lentezza mi è tornato in mente un ricordo di qualche anno fa. Mi trovavo a Roma, dove ero andato a fare visita a un amico. Questo amico, un giornalista molto preparato e professionale, doveva raggiungere un luogo in centro città dove era prevista per le 10 di quella mattina una conferenza stampa. Alle 9.30 eravamo ancora a casa sua, da tutt'altra parte della città. Io già mi stavo un poco agitando, come se fossi - io! - in ritardo. Ma l'amico mi tranquillizzava: 'A Roma diciamo le dieci per dire le dieci e trenta, o anche undici meno un quarto'. Alle 10 mi sembrò che fosse comunque ora di muoversi. Ma lui: 'Sì, sì, adesso scendiamo al bar e facciamo colazione, poi ci vorranno dieci minuti, un quarto d'ora'. Venti minuti dopo ero molto, molto in ansia. Lui mi guardava divertito: 'Questi del Nord...' vedevo che pensava. Entrammo al bar alle dieci e quaranta. Fatta colazione, ci dirigemmo verso il centro. Arrivammo alle undici e mezza. La conferenza stampa era finita da un pezzo. Il mio amico si rabbuiò. Non tanto per il suo ritardo, anzi, per quello proprio per niente: era indispettito invece dal fatto che quelli avessero già finito. Cercò di scusarsi con me per la pessima prova che la città aveva dato. "Che imbecilli", disse. "Ora devo leggermi tutta la cartella stampa per scrivere il pezzo!'. Questo ricordo mi permette di osservare come a nulla serva muoversi con lentezza, se gli altri sono veloci. Ma soprattutto, che la lentezza non è salubre se noi ci sentiamo in ritardo, mentre lo è se consideriamo gli altri come nevrotici istericamente in anticipo. Io, per esempio, mi sento sempre in ritardo, pertanto vivo la mia lentezza e la mia pigrizia in modo tutt'altro che riposante. Il massimo che ne ricavo sono certe scuse deboli. Per dirne una, avrei potuto sviluppare riflessioni molto più profonde di queste sulla Giornata Mondiale della Lentezza, osservare che dopo Einstein un concetto come la Lentezza preso da solo non significa nulla, citare coltamente Nadolny, svelare come lo sponsor ufficiale della ricorrenza fossero le nostre Ferrovie dello Stato, smascherare l'ipocrisia di chi vole vivere lentamente purchè il proprio computer diventi ogni giorno più veloce, e così via.
Ma purtroppo avevo poco tempo e il pezzo andava consegnato tempestivamente...e insomma, ho dovuto fare in fretta..."
Bravo Dario Voltolini.
giovedì 13 marzo 2008
Paradosso vivente
Metto sempre un po' di me stessa nelle mie lezioni, cerco sempre di amalgamarmi con loro e con le riflessioni che cerchiamo ogni volta, con risultati ondeggianti, di costruire. Così stamani pensavo al mio paradosso, alle mie eterne contraddizioni. La primaria, non ancora diluita nella stabilità dell'età adulta, tra istinto di fuga e necessità di radicamento. Comincio ad essere stanca di questo nomadismo a cui mi condanna questo lavoro, sono esausta di non avere una casa mia, che parli di me, sono stanca di spostarmi ancora con pacchi e valigie e di sentirmi apolide, ovunque mi trovi. Sono stufa di questa sensazione di essere una eterna "fuori posto": a Firenze, qui sulla laguna, nella mia città. Vorrei mettere radici, vorrei trovare uno spazio da abitare con il corpo e con la mente, vorrei sentirmi a casa. Eppure, nonostante questa voglia di restare, sono notti che sogno il viaggio, di nuovo, come anni fa. Se riesco a non sognare le strade londinesi, sogno comunque una partenza, di solito in macchina, al buio, sola, impaurita ma decisa. E ripenso a Kafka, alle letture di anni fa, allo spirito della fuga che segnò un salutare rischiaramento. Ma dove me ne voglio andare? Con quali strane sensazioni mi trovo oggi a combattere...a volte vorrei essere inghiottita da questa terra, assorbita nel ventre materno, incollata al qui ed ora di questo momento che vorrei interminabile. Altre volte sogno vele aperte ed un vento forte che mi spinga al largo, anche se incerto e nebbioso. E così se oggi vorrei essere strozzata da questa rete ed immobilizzata all'oggi, so già che domani (o meglio stanotte, nella sincerità dello spazio onirico) cercherò avida una piccola maglia da cui balzare fuori.
Per adesso me ne torno in classe e penso che la maglia rotta nella rete, quella vera, l'ho individuata in quel maggio 20o6 quando ho chiuso la porta di quel maledetto Dipartimento. E già mi viene da ridere e da impazzire da gioia.
Vorrei scrivere di molte cose, ma sono così incostante in questi giorni.
martedì 4 marzo 2008
L'estate di Vermicino
giovedì 28 febbraio 2008
I silenzi di febbraio
Il Consiglio di classe ha deciso e sarò commissaria interna agli esami di maturità, ma non sono affatto contenta di accompagnare quella classe difficile fino alla fine e mi stupisco di come, da parte loro, ci sia un rifiuto ad ogni minimo sforzo. Eppure il mio lavoro vuol dire anche questo, un confronto serrato e continuo anche con chi si rifiuta di ascoltare. In attesa che qualcosa si smuova e che l'ansia da esame li scuota un po' tutti, mi sono comprata "Diario di scuola" di Pennac. Chissà che non arrivi qualche illuminazione. Adesso c'è una mamma che vuole parlare con me: a parte il fatto che, vista la loro assenza, è bene non farsi scappare questa occasione, non potrebbero rispettare gli orari di ricevimento? Un caro e affettuoso saluto a tutti, spero di tornare presto.
venerdì 15 febbraio 2008
Emicranie
Peccato che non sia riuscita a scrivere, sarebbero state tante le cose su cui soffermare le mie riflessioni. Le mie incertezze e i miei entusiasmi a scuola, le novità di questa campagna elettorale, la paura, tutta femminile, di affrontare questa nuova crociata contro la 194. Spero di ritrovare presto il filo di Arianna per uscire da questo labirinto e riprendere presto la trama delle mie riflessioni e dei miei racconti. A volte penso a quanti siano gli anni di convivenza con questa "malattia", penso ai controlli, ai medici, alle terapie mai efficaci. Adesso è il tempo del Laroxil, cinque gocce prima di dormire, ma non serve a placare la sua arroganza, serve solo a darmi un senso di spossatezza che mi fa sentire fiacca per tutto il giorno seguente. Così aspetto che la dieta di nuovo appena iniziata mi regali un po' di calma e nell'attesa corro a Roma da Alida nel tentativo di non pensarci per un po', di svagarmi da questa amarezza. E sono felice che sia Alida a regalarmi un po' di tregua, sono felice di non averla perduta nel corso degli anni, nei nostri giri tortuosi alla ricerca di noi, in mezzo a tutte quelle città che abbiamo abitato. E sono stupita di come riesca a colorare di sè ogni spazio che abita, anche il più concentrato, come questa scrivania nell'ufficio della casa editrice dove lavora, che mi sta ospitando per qualche minuto appena arrivata nella capitale. Stasera andiamo a teatro e poi a ballare...speriamo 'm bene, si dice in Toscana.
mercoledì 6 febbraio 2008
Un gatto che si morde la coda
Torno a scherzare con Alida sulle mostruosità linguistiche che proprio non ci vanno giù. Torno a pensarci oggi, dopo aver costretto i miei studenti ad una lezione a scuola sul senso del linguaggio e i suoi limiti. “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”: ripeto spesso questa frase di Wittgenstein ai miei ragazzi per convincerli a non richiudersi nelle strettoie del dialetto, del linguaggio comune, delle sciattezze linguistiche a cui tutti siamo ingenuamente esposti. Mi guardano con quegli occhi spauriti, allora passo a Orwell e alla “neolingua” di “1984” e, dopo aver constatato che anche così non riesco a risvegliare le loro menti addormentate della prima ora, concludo con l’ultima arma, un Don Milani appena sdoganato in quell’ibrida cultura del Partito Democratico. E allora racconto loro come il sacerdote scomodo invitasse i suoi ragazzi di Barbiana ad imparare, ad arricchire i propri vocabolari, perché “una parola che non sapete oggi è un calcio in culo che prenderete domani”. Capiscono, il “calcio in culo” prima li sveglia e, poi, dopo poco, li convince.
Il problema però è che oggi i nostri vocabolari, anziché assottigliarsi come previsto nella distopia orwelliana, si dilatano a dismisura, andando ad accogliere espressioni, formule, modi di dire a dir poco insopportabili. Ad usarle, poi, non sono solo quindicenni di un liceo di provincia (a cui molte cose possono essere perdonate), ma intellettuali, giornalisti, artisti. Così io e Alida ci siamo messe ad elencare quelle mostruosità espressive da cui tutti sembriamo contagiati. In cima alla classifica sta quell’odioso “piuttosto che”, usato in funzione disgiuntiva, che oggi sembra andare tanto di moda. “Quest’estate andrò in Corsica piuttosto che in Croazia”, dice qualcuno. Ok, allora io non so più parlare la mia lingua e il mio italiano è invecchiato “piuttosto che” impreciso, se io proprio non riesco ad usare “piuttosto che” in questo modo. Alida mi fa notare che martedì scorso anche Anna Finocchiaro lo ha usato, ma a lei perdoniamo tutto: “certo se alle primarie si fosse candidata lei, piuttosto che Veltroni, l’avremmo votata”…e così è corretto. Al secondo posto della top ten sta l’insuperabile “tra virgolette”, ovviamente accompagnato da indice e medio che si flettono a intermittenza, subito seguita da “a 360 gradi” e “a tutto tondo” (“ti offre una precisione a trecentosessanta gradi”, “una visione a tutto tondo”, “foto a tutto tondo”, “vi presentiamo adesso una intervista a tutto tondo con”….aiuto!!!!!).
Visto che viviamo una vigilia affannata di campagna elettorale, che dire di quel “ha deciso di scendere in campo” che, nel 1994, marcò la decisione del Berlusca di impegnarsi in politica?
Ma presto io e Aliduzza decidiamo di inoltrarci nella giungla intricata del “linguaggio informatico” e cerchiamo di ricordare tutte quelle odiose formule così inflazionate nel linguaggio di oggi che derivano dalla nostra confidenza con il mondo dei computer. Iniziamo così un’altra classifica, che continuiamo ad aggiornare, essendo “una strada senza sfondo”: si inizia con l’odioso “di default”…ma che vuol dire? Ma si può usare un’espressione più brutta? “Stasera il vino è di default”, poi si continua con “abbiamo molti link in comune”, “ci interfacciamo bene”, per poi concludere (scoperta di questi giorni) con “sono in loop”. “Sono in loop”?????????? Giovanna dice che il significato è sentirsi in uno stato d’animo bloccato, essere in una situazione da cui non riesco ad uscire e…visto che non capivo bene e vista la mia ignoranza in materia, ha pensato bene di farmelo capire dicendo: “insomma Babi, è un gatto che si morde la coda!”. Nooooo, vi prego noooo, anche “il gatto che si morde la coda" nooooo! Voi che dite?
domenica 3 febbraio 2008
Supplica a mia madre
E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Pier Paolo Pasolini, Supplica a mia madre.
giovedì 31 gennaio 2008
A come assoluzione
Assolto. Ci mancava questo nuovo schiaffo dato forte a questo paese in bilico. Una udienza sbrigativa, in un momento in cui il Biscione ha bisogno di acquistare credibilità e legittimità, più di quante non gli siano già riconociute da questo elettorato, in vista della violenta campagna elettorale che ci aspetta.
La sentenza però non è di assoluzione, ma di proscioglimento. Sì, perchè quella faccia da culo è stato prosciolto dal reato di falso in bilancio perchè questo non è più considerato reato dalla legge: quella che nel 2002 la maggioranza dell'allora premier Berlusconi fece approvare mentre il processo era in corso. Appena emessa la vergognosa sentenza, l'azzurra Biancofiore ha commentato: "qualcuno dovrà chiedere scusa". Come non essere d'accordo, sarebbe proprio il caso che qualcuno lo facesse, che chiedesse scusa per la furbizia mascherata da arte politica, per l'arroganza e la sfacciataggine ostentate. Vorrei qualche scusa da chi viene prosciolto dopo aver legiferato a suo favore (povero il mio Rousseau!), da chi offre cannoli alla Sicilia dopo essere stato condannato a cinque anni e solo tardivamente, spinto chissà da quali pressioni, si dimette; da chi offende quotidianamente l'onestà morale e intellettuale. E anche il mio caro governo Prodi, che sono certa rimpiangeremo presto, deve chiedere un po' scusa. Per essersi fatto sfuggire ancora una volta l'occasione di dare un volto di reale democrazia a questo paese e di aver lasciato nel cassetto la legge sul conflitto di interessi. Devi chiederci scusa perchè adesso dovremmo affrontare una nuova campagna elettorale, con le stesse vecchie dinamiche del 2006. Che Dio ce la mandi buona.
sabato 26 gennaio 2008
Immersioni
In attesa di immergermi nelle vie di Roma e nell'entusiasmo di quel vulcano di Alida, per adesso mi immergo per davvero in una vasca da bagno stracolma di bagnoschiuma, visto che sulla laguna ho solo la doccia e, per quanto comoda e veloce, proprio non vince il confronto con la vasca piena di bollicine e di bagnoschiuma.
Appena finito cerco di superare i miei dubbi e le mie incertezze e corro a votare per i comitati civici del PD, sentendomi male al pensiero di quello che verrà.
giovedì 24 gennaio 2008
Lentamente muore
lunedì 21 gennaio 2008
Fartlek per Ansedonia
Musica di oggi: Goran Bregovic, Ederlezi
domenica 20 gennaio 2008
L'altra metà
Musica di oggi: Ludovico Einaudi, Le onde
mercoledì 16 gennaio 2008
Aria di Controriforma
''Si e’ ritenuto - spiega una nota dell’Ufficio Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice - di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l'assemblea". Dobbiamo credere che sia solo un caso, che la scelta risponda solo ad una volontà di contemplazione artistica? D’altronde, già prima di salire sul soglio pontificio, l’illustre teologo non aveva mai fatto mistero di nutrire profonde contrarietà sulle scelte introdotte dal Vaticano II. Sarà pure un simbolo, sarà pure un gesto come un altro, ma la storia della Chiesa ci insegna che i simboli hanno il loro senso e il loro profondo significato e io non lo passerei così troppo sotto silenzio, soprattutto se fossi cattolica e se mi spaventasse, cosa che spero succeda a molti, un ritorno di un intransigentismo retrivo e conservatore. Non so se avrei o meno manifestato insieme agli studenti della Sapienza contro la visita del Papa, ci sto riflettendo da ieri sera, appena appresa la notizia. Se è vero che il forte rifiuto alla visita del pontefice tradisce il senso stesso dell’Università, lo scambio culturale, la ricerca e il dibattito fecondante, è però anche vero che forse un segnale qualcuno avrebbe dovuto lanciarlo contro chi vuole avere l’ultima parola su tutto, contro chi si fa paladino di una Verità assoluta, contro chi è portavoce di un cattolicesimo post-tridentino, contro chi addirittura nega il funerale religioso a Piergiorgio Welby. A livorno si direbbe: Oh Razzinghe, alla fine e ci siamo anche un po’ frantumati ‘i coglioni! Scusate la finezza da prof. A proposito di Livorno: la vignetta su Benedetto XVI è tratta da "Il Vernacoliere"…..per la precisione…
venerdì 11 gennaio 2008
L'Abracadabra del Gran Magro
"Ma dimmi, conosci la storia dei tre ladroni e dei cinque cappelli?"
"No" risposi, anche se era la terza volta che tornava a propormi l'abracadabra, e, quasi per scoraggiarlo dal proseguire, misi a caso sul grammofono un disco. [...] "I tre" disse "sono condannati a morte. Da un potente, in un tempo antico...Dunque il Signore degli Assassini offre a quelli un'opportunità. Dovranno, ciascuno ad occhi bendati, indossare a caso un cappello fra i tre bianchi e due neri che sono a mucchio sul tavolo. Si salverà chi saprà con ragionate ragioni indovinare il colore del copricapo che ha scelto. Avviene che i tre, l'uno all'insaputa dell'altro, estraggano tutti, unanimi, il bianco. Sbendati, si guardano. Ora una cosa è chiara: che può salvarsi solo chi veda addosso ai compagni due cappelli neri, e possa quindi per esclusione dedurre il colore del proprio. Ma ognuno dei tre non scopre sulla testa degli altri che bianco, inesorabile bianco..." "E allora?" "I primi due riflettono a lungo, ringraziano. Vengono decappellati, decapitati. Ma il terzo indovina. Sta a te dimmi come e perchè".
In attesa si capire la soluzione, me ne vado a Roma da Alida a ricaricare un po' le batterie. Che sono un po' a terra...
sabato 5 gennaio 2008
L'urlo di Medusa
Dagli attimi che dissotterro costruisco un Blob immaginario del mio 2007, montando attentamente frantumi di pensieri, avvenimenti, sogni e aspettative. Così scopro di essere stata in bilico tra realtà e simulazione, di essere stata protagonista e spettatrice di una finzione scenica messa in piedi da un regista abilissimo e di aver calato il sipario sulla scena principale. E tra le lacrime, a sipario abbassato, mi lascio ad un applauso liberatorio a chi è riuscito a tessere questa sceneggiatura, tanto bizzarra quanto plausibile, verosimile anche agli occhi più attenti. E mentre batto le mani in segno di elogio, lancio un grido acuto e tagliente, urlo a più non posso il mio addio con una forza che si fa violenza…
Mi rileggo e penso….ma che strano effetto questi triptani….che ho scritto? E’ anche vero che sono da poco riemersa da Hegel…
venerdì 4 gennaio 2008
Di nuovo sulla laguna
Eppue stasera ho il terrore che questo nido si trasformi in una tana, da cui diventi impossibile uscire, per paura di quello che mi aspetta. Torna, di nuovo, la riflessione sull'uscita, sull'Ausgang, sulla liberazione. Sento che questo 2008 deve essere affrontato con coraggio e pazienza, ma anche con maggiore ironia, voglia di non prendersi sempre troppo sul serio, con la capacità di ritagliare spazi in grado di rinferscarmi un po'. Ma nonostante tutti questi buoni propositi, stasera me ne sto qui, sprofondata sul mio divano e mi sento più asciugata di quel ciottolo che ho raccolto sul lido di Ostia.
mercoledì 2 gennaio 2008
VaLentina
La tartaruga nella foto è "VaLentina" che abbiamo ospitato nel giardino della casa fiorentina di Via Mercati. Oggi la ritrovo come simbolo del mio procedere. La foto, che trovo incantevole, è di Daniela Zullo, carissima amica che ospita i suoi capolavori su Flickr. Consiglio a tutti una visita. Sono contenta di non averla perduta in anni in cui le nostre vite hanno preso strade diverse e di subire ancora il salutare contagio della sua vulcanica testolina.