giovedì 31 gennaio 2008

A come assoluzione

Assolto. Ci mancava questo nuovo schiaffo dato forte a questo paese in bilico. Una udienza sbrigativa, in un momento in cui il Biscione ha bisogno di acquistare credibilità e legittimità, più di quante non gli siano già riconociute da questo elettorato, in vista della violenta campagna elettorale che ci aspetta.
La sentenza però non è di assoluzione, ma di proscioglimento. Sì, perchè quella faccia da culo è stato prosciolto dal reato di falso in bilancio perchè questo non è più considerato reato dalla legge: quella che nel 2002 la maggioranza dell'allora premier Berlusconi fece approvare mentre il processo era in corso. Appena emessa la vergognosa sentenza, l'azzurra Biancofiore ha commentato: "qualcuno dovrà chiedere scusa". Come non essere d'accordo, sarebbe proprio il caso che qualcuno lo facesse, che chiedesse scusa per la furbizia mascherata da arte politica, per l'arroganza e la sfacciataggine ostentate. Vorrei qualche scusa da chi viene prosciolto dopo aver legiferato a suo favore (povero il mio Rousseau!), da chi offre cannoli alla Sicilia dopo essere stato condannato a cinque anni e solo tardivamente, spinto chissà da quali pressioni, si dimette; da chi offende quotidianamente l'onestà morale e intellettuale. E anche il mio caro governo Prodi, che sono certa rimpiangeremo presto, deve chiedere un po' scusa. Per essersi fatto sfuggire ancora una volta l'occasione di dare un volto di reale democrazia a questo paese e di aver lasciato nel cassetto la legge sul conflitto di interessi. Devi chiederci scusa perchè adesso dovremmo affrontare una nuova campagna elettorale, con le stesse vecchie dinamiche del 2006. Che Dio ce la mandi buona.


sabato 26 gennaio 2008

Immersioni

Venerdì e sabato di piacevoli immersioni. Mi immergo nella mia città, abbandonata la tana sulla laguna per tornare, anche se solo per un giorno, in uno spazio che fuggo con folle irrazionalità. Mi immergo nella mia corsa, ieri sera sul lungomare illuminato, concentrandomi sui miei passi e sulla mia ombra in movimento proiettata sull'asfalto. Mi immergo in mia madre, tutta la notte, quasi a cercare un'originaria simbiosi che mi protegge da questa naturale separatezza. Immersa di nuovo in lei, ricevo dal suo inaspettato coraggio uno schiaffo ai tentennamenti di questi giorni e vedo nelle sue mani, nei suoi capelli diradati e nel suo viso, non più scarno, così alterato dal cortisone, un richiamo a sorridere, nonostante le lacrime di questo inizio anno. Stamani mi sono invece concessa una immersione in questa casa, sola come sono adesso e mi sono buttata in una affamata e curiosa lettura dei miei diari di adolescente, che mamma ha miracolosamente scovato nelle sue continue pulizie di queste stanze. Diari degli anni 1989 e 1990, così stracolmi di ritagli di giornali, di commenti sugli eventi di quegli anni di ebrezza rivoluzionaria, infarciti di lettere di amiche, compagne di classe, pieni zeppe di parole d'amore per un giovanissimo Molino appena scoperto. Mi sono proprio concessa un'ora di avida lettura, per scoprire la Barbara di quei primi anni di liceo, con la mente rivolta alle mie ragazze di Orbetello, nel tentativo di rintracciare sorprendenti corrispondenze. Bella questa inversione mattutina in un ieri ancora presente nei miei ricordi.
In attesa di immergermi nelle vie di Roma e nell'entusiasmo di quel vulcano di Alida, per adesso mi immergo per davvero in una vasca da bagno stracolma di bagnoschiuma, visto che sulla laguna ho solo la doccia e, per quanto comoda e veloce, proprio non vince il confronto con la vasca piena di bollicine e di bagnoschiuma.
Appena finito cerco di superare i miei dubbi e le mie incertezze e corro a votare per i comitati civici del PD, sentendomi male al pensiero di quello che verrà.

giovedì 24 gennaio 2008

Lentamente muore

Appena comunicata la notizia della fine del governo Prodi. Mi ci vorrebbe una canna gigantesca, come quella che Moretti si concede dopo la vittoria di Berlusconi nel 1994, in quel gioiello del suo cinema che è “Aprile”. Visto che me lo aspettavo, e non potevo godere di un cannone alla “Moretti”, di Moretti mi è bastata una birra, di quelle giganti. Bravo Romano, hai seguito la scelta della parlamentarizzazione della crisi, come avviene in ogni serio paese civile e rispettoso delle regole e delle istituzioni. Non nego che mi sto sentendo male. Stamani ai miei studenti di centro destra ho chiesto di non venire a scuola domani, perché so che mi sfotteranno, nel loro modo comunque amichevole e rispettoso, e so anche che abbandonerei la mia solita correttezza liberale e farei una strage. Ovviamente loro sanno che scherzo, ma credo che, se verranno, mi rispetteranno in silenzio. Almeno lo spero. Da come mi sento adesso mi verrebbe voglia di mandare un certificato medico falso, cosa che non ho mai fatto, anche se sono certa che ogni medico certificherebbe il mio stato comatoso. “Lentamente muore” è la poesia di Neruda che quell’inquisito di Mastella ha letto oggi dal suo banco del Senato. E’ morto lentamente questo governo, paralizzato da una visione politica miope, riduttiva, che lo ha letteralmente paralizzato. Peccato, credo che si sia persa un’ottima occasione. E’ morta lentamente l’“Unione” e mi chiedo, adesso, quando il Pd abbia aiutato o meno questo tracollo. Ma sono rinati i democristiani. Cazzo, alla fine i democristiani si vedono, vengono fuori, risorgono al di là di ogni strato di novità, al di là di ogni camaleontica trasformazione. Ed hanno votato contro, magari pensando a cosa potranno guadagnare nel passare dall’altra parte. Oddio che serata. Correggo i compiti dei ragazzi di seconda e penso che, una volta che tornerà il nano e che Buttiglione sarà Ministro della Pubblica istruzione, se vorrò diventare un’insegnante di ruolo dovrò abbandonare la filosofia e darmi alla religione. Forse avrò qualche possibilità. Voi come state?

lunedì 21 gennaio 2008

Fartlek per Ansedonia

Giornata grigia, quella di oggi. Ma non abbastanza da impedirmi di uscire a correre prima di pranzo, appena finita la scuola. Ritorna, in questo inizio di nuovo anno, la passione e l’amore per una cosa antica, che così fortemente mi lega a mio padre che, da anni ormai, mi invita a macinare chilometri. Sono un po’ fuori forma rispetto alla Barbara dello scorso anno, ma ho anche un buona memoria nelle mie gambe e non faccio fatica a recuperare. Ancora una volta, la mia corsa mi aiuta a capire come impostare il percorso parallelo, quello della mia vita. E così oggi mentre guardavo i miei passi seguirsi l’uno all’altro capivo come i giorni, i mesi e gli anni seguano lo stesso monotono avvicendarsi, fino al traguardo, che ci sarà, prima o poi, nonostante si vorrebbe che la nostra fosse una maratona interminabile. Ho corso bene, lungo la strada in campagna che collega Orbetello ad Ansedonia ed ho impostato un fartlek per recuperare, oltre ai muscoli, anche un po’ il mio cuore, non più abituato agli sforzi continui. E mentre correvo, per spurgare fuori le rabbie e le delusioni accumulate ultimamente, ho capito che anche la mia vita va impostata come un fartlek, accettando cambi di ritmo e di velocità e lasciando che il mio cuore si moduli su un battito incostante, accelerato nelle salite e pacato nelle discese. Non si può impostare un allenamento sulla medesima frequenza. E come devo abituarmi a correre a tratti, così devo imparare ad accettare i miei cambi di umore, le mie paure, le mie forti emozioni che costringono il mio cuoricino ad un bell’allenamento, tanto quanto i chilometri per Ansedonia. E come al solito, ci sono sempre gli aironi.

Musica di oggi: Goran Bregovic, Ederlezi

domenica 20 gennaio 2008

L'altra metà

Cerco di mettere ordine tra i pensieri, cerco di mettere in ordine le mie stanze. Il disordine della mia mente si rispecchia nel disordine del mio luogo, dei miei luoghi. Non riesco a tenere ordinata questa casa, nonostante gli innumerevoli sforzi. Ho libri sparsi dappertutto, fogli e articoli ritagliati ammucchiati sul tavolo, ogni spazio libero occupato da decine di volumi. Oggi ho deciso di sistemare un po’ le cose e ci sono riuscita: ho una casa che brilla, con i libri tutti sistemati in fila, dal più grande al più piccolo, in ordine di argomento, disposti in maniera quasi maniacale. Chissà se riuscirò nei prossimi giorni a fare ordine anche tra i miei pensieri, sistemando le mie continue considerazioni, le mie ambigue riflessioni, tutte ammucchiate l’una sull’altra nella mia testa, così confuse da rendersi illeggibili, così contraddittorie da annullarsi a vicenda. Poi riflettevo sul fatto che solo una cosa non sono riuscita ad ordinare: i calzini. Ho una busta piena di calzini “single”…io mi chiedo dove vadano a nascondersi gli altri, dove possa andarli a stanare, in quale buco, quale cassetto, quale sacca della palestra si saranno conficcati. Sembra quasi impossibile, ma in questi pochi mesi orbetellani sono riuscita a collezionare già una decina di calzini scompagnati, ignari di dove si sarà nascosta la loro metà. E anche questo mi sembra un simbolo eloquente delle sensazioni degli ultimi giorni….
Musica di oggi: Ludovico Einaudi, Le onde

mercoledì 16 gennaio 2008

Aria di Controriforma


Cerco spesso di spiegare ai miei ragazzi come la storia della Chiesa sia anche una storia di simboli. E’ attraverso i simboli che si veicola un messaggio, si concretizza una Weltanshaung, si invia un messaggio ai fedeli e al mondo intero. Nei giorni scorsi, nell’apparente neutralità di un gesto, si è invece materializzata un’aria di controriforma. La sento già da un po’ di tempo aleggiare sulle nostre teste, scompaginare la carte, spazzare via quel residuo di laicità che ancora resta nel nostro paese. E così mentre tutti discutono e sparlano sul papa in visita all’Ateneo romano, poche voci si sono alzate in riflessione sulla messa di domenica scorsa, celebrata da Ratzinger nella Cappella Sistina. In questa occasione Benedetto XVI ha eliminato l’altare mobile usato dal suo predecessore ed ha officiato la messa con le spalle rivolte ai fedeli, in perfetto stile preconciliare.
''Si e’ ritenuto - spiega una nota dell’Ufficio Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice - di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l'assemblea". Dobbiamo credere che sia solo un caso, che la scelta risponda solo ad una volontà di contemplazione artistica? D’altronde, già prima di salire sul soglio pontificio, l’illustre teologo non aveva mai fatto mistero di nutrire profonde contrarietà sulle scelte introdotte dal Vaticano II. Sarà pure un simbolo, sarà pure un gesto come un altro, ma la storia della Chiesa ci insegna che i simboli hanno il loro senso e il loro profondo significato e io non lo passerei così troppo sotto silenzio, soprattutto se fossi cattolica e se mi spaventasse, cosa che spero succeda a molti, un ritorno di un intransigentismo retrivo e conservatore. Non so se avrei o meno manifestato insieme agli studenti della Sapienza contro la visita del Papa, ci sto riflettendo da ieri sera, appena appresa la notizia. Se è vero che il forte rifiuto alla visita del pontefice tradisce il senso stesso dell’Università, lo scambio culturale, la ricerca e il dibattito fecondante, è però anche vero che forse un segnale qualcuno avrebbe dovuto lanciarlo contro chi vuole avere l’ultima parola su tutto, contro chi si fa paladino di una Verità assoluta, contro chi è portavoce di un cattolicesimo post-tridentino, contro chi addirittura nega il funerale religioso a Piergiorgio Welby. A livorno si direbbe: Oh Razzinghe, alla fine e ci siamo anche un po’ frantumati ‘i coglioni! Scusate la finezza da prof. A proposito di Livorno: la vignetta su Benedetto XVI è tratta da "Il Vernacoliere"…..per la precisione…

venerdì 11 gennaio 2008

L'Abracadabra del Gran Magro

Appena riemersa dall'urlo della foresta mi sono trovata a dover combattere, tanto per cambiare, con una prolungata crisi di emicrania che mi ha costretto al silenzio. Non ho scritto, ma sono riuscita a leggere, negli esigui spazi di lucidità. Ho quasi terminato Bufalino e l'ho trovato davvero molto bello, anche se violento per la Barbara di questi giorni, sempre in conflitto con la morte che minaccia la vita di mia madre e che è così presente nelle pagine dello scrittore siciliano. Trascrivo qui l'"Abracadabra" del Gran Magro, strano modo per comunicare al protagonista che, tra gli ospiti della Rocca, solo lui sfuggirà al destino di morte e che romperà il patto di non sopravviversi.

"Ma dimmi, conosci la storia dei tre ladroni e dei cinque cappelli?"
"No" risposi, anche se era la terza volta che tornava a propormi l'abracadabra, e, quasi per scoraggiarlo dal proseguire, misi a caso sul grammofono un disco. [...] "I tre" disse "sono condannati a morte. Da un potente, in un tempo antico...Dunque il Signore degli Assassini offre a quelli un'opportunità. Dovranno, ciascuno ad occhi bendati, indossare a caso un cappello fra i tre bianchi e due neri che sono a mucchio sul tavolo. Si salverà chi saprà con ragionate ragioni indovinare il colore del copricapo che ha scelto. Avviene che i tre, l'uno all'insaputa dell'altro, estraggano tutti, unanimi, il bianco. Sbendati, si guardano. Ora una cosa è chiara: che può salvarsi solo chi veda addosso ai compagni due cappelli neri, e possa quindi per esclusione dedurre il colore del proprio. Ma ognuno dei tre non scopre sulla testa degli altri che bianco, inesorabile bianco..." "E allora?" "I primi due riflettono a lungo, ringraziano. Vengono decappellati, decapitati. Ma il terzo indovina. Sta a te dimmi come e perchè".

In attesa si capire la soluzione, me ne vado a Roma da Alida a ricaricare un po' le batterie. Che sono un po' a terra...

sabato 5 gennaio 2008

L'urlo di Medusa


Stordita da una massiccia dose di rizatriptan per placare la mia emicrania, di nuovo arrogante in questi giorni di ininterrotta ruminazione mentale. In questa archeologia di ricordi, lancio occhiate a ritroso dentro me stessa e osservo con uno sguardo da Medusa gli eventi dell’anno appena concluso, per pietrificarli e immobilizzarli. Non più sfocati e sfuggenti, forse saranno più facilmente sezionabili, forse riusciranno ad imprimersi nella mia mente come impronta digitale indelebile, monito a non commettere gli stessi errori a ripetizione. Oggi cerco di dedicarmi ad una assurda chirurgia di un ieri finalmente svelato nella sua interezza, finalmente leggibile come un puzzle completo, a cui non manca nessun pezzo, in cui tutti i tasselli sono al posto giusto.
Dagli attimi che dissotterro costruisco un Blob immaginario del mio 2007, montando attentamente frantumi di pensieri, avvenimenti, sogni e aspettative. Così scopro di essere stata in bilico tra realtà e simulazione, di essere stata protagonista e spettatrice di una finzione scenica messa in piedi da un regista abilissimo e di aver calato il sipario sulla scena principale. E tra le lacrime, a sipario abbassato, mi lascio ad un applauso liberatorio a chi è riuscito a tessere questa sceneggiatura, tanto bizzarra quanto plausibile, verosimile anche agli occhi più attenti. E mentre batto le mani in segno di elogio, lancio un grido acuto e tagliente, urlo a più non posso il mio addio con una forza che si fa violenza…
Mi rileggo e penso….ma che strano effetto questi triptani….che ho scritto? E’ anche vero che sono da poco riemersa da Hegel…

venerdì 4 gennaio 2008

Di nuovo sulla laguna

Sono di nuovo sulla laguna da qualche ora. Così rientro nel triangolo delle bermuda per la connessione internet che qui, con questa pc card, è davvero impossibile. Sembra un miracolo che possa scrivere, stasera. Sono contenta di essere di nuovo qui, protetta nel mio nido ristoratore. Da domani si comincia di nuovo a studiare con rinnovato impegno, nel tentativo, che so già essere vano, di addolcire in qualche maniera le ustioni a cui ho esposto il mio cuore negli ultimi giorni.
Eppue stasera ho il terrore che questo nido si trasformi in una tana, da cui diventi impossibile uscire, per paura di quello che mi aspetta. Torna, di nuovo, la riflessione sull'uscita, sull'Ausgang, sulla liberazione. Sento che questo 2008 deve essere affrontato con coraggio e pazienza, ma anche con maggiore ironia, voglia di non prendersi sempre troppo sul serio, con la capacità di ritagliare spazi in grado di rinferscarmi un po'. Ma nonostante tutti questi buoni propositi, stasera me ne sto qui, sprofondata sul mio divano e mi sento più asciugata di quel ciottolo che ho raccolto sul lido di Ostia.

mercoledì 2 gennaio 2008

VaLentina


Eccoci immersi in un nuovo anno. Ho dato il benevenuto al 2008 riprendendo a correre, per sputare fuori un po' di rabbia e di paure accumulate in questi strani giorni di festa. Strani davvero questi giorni, almeno per me. Adesso mi sento come se una mano sleale avesse giocato a tombola con la mia vita, mescolando e rimescolando, disponendo a casaccio i fatti e gli appuntamenti sul cartellone della mia esistenza. Poi di nuovo, mettendo a fuoco gli eventi degli ultimi mesi, capisco che ancora una volta sono stata vittima della fretta, dell'approssimazione, del non voler aspettare che ogni cosa si decanti ed assuma un sapore più chiaro, più decifrabile, meno confuso. Allora penso che dovrei solo imparare ad aspettare, evitare di economizzare sul tempo e sulle attese, per evitare queste iperboli che mi lasciano esanime a terra. Questo mio indossare di nuovo le scarpe da tennis è simbolo di un nuovo cammino, placato questa volta e non inquinato dalla paura di non aver il tempo, di essere sempre in ritardo. Ecco la mia malattia congenita: un eterno e continuo timore di non arrivare al traguardo, di aver accumulato continui rinvii, di non riuscire ad assalire il tempo. Così oggi, in quel percorso stupendo di campagna, con gli aironi che si alzavano al mio passaggio, ho rallentato il passo, ascoltato attentamente il mio respiro e i battiti del mio cuore, ripreso fiato nei momenti di stanchezza e aggredito l'ultimo pezzo di asfalto con uno sprint finale. Per adesso però vai piano Babi, vai piano, altrimenti il cuore ti scoppia.

La tartaruga nella foto è "VaLentina" che abbiamo ospitato nel giardino della casa fiorentina di Via Mercati. Oggi la ritrovo come simbolo del mio procedere. La foto, che trovo incantevole, è di Daniela Zullo, carissima amica che ospita i suoi capolavori su Flickr. Consiglio a tutti una visita. Sono contenta di non averla perduta in anni in cui le nostre vite hanno preso strade diverse e di subire ancora il salutare contagio della sua vulcanica testolina.