domenica 23 ottobre 2011

Tutto il resto è superfluo...

La connessione Tim-mobile regge bene sulla laguna. E’ “a tempo” e so che devo centellinare i minuti per non scaricare il credito prima della scadenza mensile. Ma stasera mi sono prosciugata un’ora per chattare con un’alunna con cui non parlavo da tempo e che, negli ultimi anni, dopo la sua maturità, ho sentito sempre troppo poco, a intervalli regolari, ma intermittenti. Venerdì scorso altre tre ex-alunne, carissime e mai dimenticate, mi hanno trascinato con loro a mangiare una pizza e a raccontarmi le loro avventure universitarie, i loro amori, successi, passi falsi, scivoloni improvvisi. Abbiamo spettegolato su questo e quello, cercando di ricostruire i percorsi dei tanti che ho perso per strada. Il giorno del compleanno di Riccardo alcuni “maturi” del liceo follonichese mi hanno invitato a bere con loro una birra al ristorante dentro la pineta, dove alla loro età mangiavo pizze e pattinavo nella pista lì accanto. E quando ho visto Cosimo ad allenarsi in palestra e raccontarmi i suoi strani giri tra Londra e la laguna ho pensato che è stato bello cercare di insegnare anche a lui, così svogliato, pigro, capace di farmi sobbalzare sulla sedia dietro quella cattedra ogni volta che lo sentivo bestemmiare o lo pizzicavo a sputare dalla finestra. Chissà se, tra una canna e l’altra, un po’ di filosofia è rimasta anche a lui. Il loro affetto è sincero, palpabile, gioioso come la loro adolescenza. E allora stasera, in questo week-end in solitaria sulla laguna, penso che ho tutto quello che desidero, che questa immissione in ruolo mi ha regalato il sogno che ho inseguito con costanza e tenacia per tutti questi anni di supplenze temporanee, che intravedevo anche nelle tristi stanze di quel dottorato fiorentino. Sapevo che non avrei potuto fare altro che questo. Questa Barbara, che ogni tanto si illumina e torna a scribacchiare su queste pagine, adesso sa che le sue estati non saranno più angosciose e terribili nell’attesa di sapere se qualcuno, al ministero, le avrebbe permesso di continuare ad essere quello che è. So che devo correggere il profilo stampato lì a destra: ho tre anni di più, sono invecchiata. Mi stanno venendo delle rughe terribili che cerco di ricacciare indietro con chili di olio di enotera e di borragine e due chiappe che sentono l’effetto gravità e che cerco di tenere su con sedute massacranti di squat in palestra. Ma sono sempre quella lì: tengo comunque sempre di più al mio cervello che al mio culo, studio come una forsennata, ho ripreso a correre insieme agli aironi della laguna (quest’anno ci sono anche delle belle nutrie…dei toponi inguardabili!!!!) e insegno. Io sono questa qui. Io non faccio l’insegnante, io lo sono. E’ come una seconda pelle che mi sento appiccicata addosso e che nessuno adesso mi può più strappare lasciandomi nuda all’improvviso e costringendomi ad indossare un vestito che non sia il mio. Stasera, dopo quelle quattro chiacchiere con Cristina, sento che tutto il resto è superfluo. “Mammina, adesso ho tutto quello che volevo”, mi ritrovo a dirle nel silenzio delle mie stanze. Sento che appartengo solo a quello che faccio e sono e che sono pronta ad affrontare ogni caduta, ogni paura, ogni nuovo fallimento, purché con i miei ragazzi. Sento che non sarò mai sola. E se non sarò mai madre vorrà dire che diventerò una prof. zittellona con gli occhiali bassi e attaccati al collo con la cordicella, ma sempre pronta a dare loro tutto il mio impegno e il mio affetto….e qualche “quattro”….Perché la maternità si modula in tanti modi. Perché la paura di invecchiare se ne va, quando mi mimetizzo tra di loro, pur restando me stessa. Non so, magari domani sarò preda di una malinconia ingestibile e tutte queste frasi buttate qui di getto mi sembreranno la follia di una donna che si accontenta di concentrarsi su questo, non trovando di meglio. Ma stasera, tutto il resto mi appare superfluo.

mercoledì 19 ottobre 2011

Noli foras ire, in teipsum redi

Forse ho solo un disperato bisogno di fermarmi. Mettere un punto e aspettare. Stasera mi sembra di essere in una fredda mattina del primo giorno dell’anno, quando sono alle prese con le promesse per il nuovo anno, a sciorinare una serie infinita di giuramenti e accordi con me stessa. Devo solo fermarmi, respirare a pieni polmoni quest’aria di laguna, godere fino in fondo la splendida e inaspettata novità di questo anno scolastico e imparare. Imparare ad ascoltarmi, presa come sono ad ascoltare sempre gli altri, le esigenze di Tizio, i bisogni di Caio, i desideri di Sempronio…Adesso voglio rivolgermi a me stessa, in un’agostiniana inversione di sguardo, come spiegavo stamani ai ragazzi di seconda. “Noli foras ire, in teipsum redi”…e anche se, come già so, non troverò l’apertura radicale alla divinità come il vescovo di Ippona, troverò forse qualcosa di ancora più prezioso, l’eco di una voce diventata da un po’ troppo fioca e indistinta. Ci sono, come sempre. Ma che il mio movimento, adesso, sia solo quello delle mie gambe che hanno ripreso a correre, per il resto spero in una pausa fertile e annunciatrice di inedite scoperte. E comunque Orbetello è piena di aironi e fenicotteri rosa. Credo che anche solo questo, per oggi, possa bastare.