martedì 27 ottobre 2009

Spazi della memoria

E’ una giornata di fine primavera, un sole tiepido e avvolgente riscalda quello spicchio di mare che si riesce ad intravedere dalle finestre appena aperte, il vento muove le tende profumate di bucato e l’odore rilassante del salmastro si sparge per tutte le stanze, intenso e deciso, quasi a voler preannunciare un’estate vivace e piena di sorprese. Lei è lì, in quella stanza calpestata dai suoi piedi di bambina e disprezzata dai suoi passi di adolescente che avrebbero voluto solcare gli spazi immensi di una adulta autonomia. E’ lì e sente di appartenere a quel luogo, di averlo scolpito come segno di un’appartenenza, ne raccoglie lo spazio con un’occhiata fugace e si concede qualche minuto di piacevole regressione, quasi a voler ricordare le mille metamorfosi di quelle pareti così intime e familiari. Pensa alle altre stanze che ha abitato, da quelle silenziose e ovattate nella periferia pisana, a quelle rumorose e chiassose delle sue vie fiorentine. Si sente forte, oggi, si sente invincibile. C’è una valigia da chiudere, c’è da trovare lo spazio per pochi ma indispensabili libri, c’è da telefonare agli amici, da baciare un padre e una madre fino a consumarli, quasi a volersi saziare di un amore di cui sentirà la mancanza. I vestiti sono troppi, la valigia è troppo pesante, tutti questi libri sono inutili, e queste finestre aperte fanno entrare un vento energico che scompagina tutti i fogli sulla scrivania. Sembra che voglia racchiudere i suoi anni in questa valigia così stretta e sembra che, insieme ai vestiti, voglia imprigionarci tutti i suoi pensieri disordinati, le sue paure inconfessate e le sue velate malinconie. Sono giorni che sta preparandosi a questa partenza e niente sembra al posto giusto. Assapora una inedita e intensa sensazione di libertà dopo che ha chiuso quella porta in silenzio, ha percorso quel tetro corridoio con il pavimento in cotto, ha inserito la chiave nella porta dall’ascensore e ha salutato l’inferno. La “regina” non si immagina neppure che quando tornerà nel suo regno, il suo cavaliere più amato ha serrato il cavallo e se ne è andato a respirare gli ampi spazi dell’autonomia e a vivere la sua ritrovata dignità. Il suo forte puledro in realtà è uno scarcassato liberty color oro che attraversa le strade fiorentine: si lascia dietro di sé via di Parione, imbocca i lungarni, scivola lungo i viali di circonvallazione, attraversa piazza Beccaria e si ferma davanti a un portone in legno, imponente, massiccio, che forse qualcuno le aprirà. Nello zaino ha un trasloco sognato e immaginato per cinque anni e tra le mani una lettera scritta a mano con una grafia tremante ma piena di orgoglio, un foglio che custodisce in segreto tutta la sua rabbia e il suo disprezzo, un foglio a cui ha destinato la sua fierezza e le sue energie, quelle energie che sembravano spente, sopite e definitivamente soffocate dentro quelle stanze che non le davano respiro. E’ un gesto di un attimo, un movimento veloce, immediato, quasi fulmineo. Lo sa che l’imperatrice è lontana, che non c’è nessuno nei paraggi, che non ci sono pericoli di incontrare il suo sguardo, ma ha comunque il terrore che qualcuno o qualcosa la riporti indietro, interrompa la corsa, arresti il suo procedere. La lettera scivola dentro la cassetta, lei controlla ancora una volta il nome del proprietario di quell’urna di corrispondenze, sincerandosi che la sua anima sia al posto giusto e che presto qualcuno ne legga gli intimi anfratti e le più sincere modulazioni. Ci siamo, ce l’ha fatta. E’ libera, è di nuovo la Barbara di un tempo, è tornata ad appartenersi, ha ricominciato ad amarsi. E questo gesto, questo lasciar cadere non solo quella lettera ma anche la sua maschera, è stata la più autentica dimostrazione di amore verso se stessa che avrebbe potuto regalarsi. Non so perché stasera sia tornata con la mente a quel giorno di maggio, non so perché abbia chiuso gli occhi e rivissuto ogni istante di quella battaglia, abbia esultato ancora al ricordo di quella vittoria. Forse perché vorrebbe risentire, per un attimo, le sensazioni immobili di quella forza e di quella energia, forse perché vorrebbe capire come tornare ad amarsi.