mercoledì 18 aprile 2007

Moriremo tutti democristiani?

Ho affrontato tante metamorfosi, plurali cambiamenti. Anche in politica, che mi sta appiccicata addosso come una seconda pelle da quando sono adolescente, da quando mio padre, mia madre e mio nonno materno mi hanno offerto quella prematura iniziazione alla cura della pòlis che non ho mai abbandonato, nonostante tutto. Riflettevo sulle mie radici, negli ultimi giorni. Questa è una delle più forti, delle più profonde, affondata nel patrimonio della sinistra italiana. Tuttavia, come si suol dire, “a vent’anni siamo tutti incendiari e a quaranta siamo tutti pompieri”. E così, passata l’ebbrezza politica adolescenziale, ho piano piano abbandonato un territorio familiare, disgustata spesso da un ideologismo eccessivo, una faziosità esasperata, una palese volontà di modificare la lettura della realtà a proprio interesse e vantaggio. Devo al mio amore per la politica mille cose: l’incontro con Bafisia, una crescita precoce, una volontà di abitare il margine, un atteggiamento altezzoso, spocchioso, tremendamente antipatico, ma anche terribilmente necessario. Ho abitato le stanze di una sezione di partito fin da adolescente, ho letto mille giornali, ho seguito noiosissimi dibattiti e, forse, non sarei quella che sono, adesso, se non avessi intrapreso quel percorso. E sono soprattutto certa che non avrei lasciato l’Università e una carriera a portata di mano se tutto questo non avesse avuto odore di mafia, e quindi non avesse rappresentato tutto ciò che mi disgusta di questa amata/odiata Italia.
Vivo l’odio che satura questo paese, un odio e un disprezzo marchiati a fuoco come una cicatrice su quest’Italia bigotta, violenta, arrogante che, ancora oggi, accusa, giudica, sentenzia. Ho maturato uno sviscerato ed incallito ribrezzo per un paese così martoriato, fiaccato da un’ipocrisia e da un fariseismo che violentano le libertà personali, torturano le coscienze, violano i più elementari diritti, bloccando lo sviluppo del mio paese e facendo perdere a molti la luce del buon senso, in nome di chissà quali supremi valori.
E allora ripenso al referendum sulla legge 40, a Piergiorgio Welby, alla battaglia sui diritti dei conviventi, all’atteggiamento vergognoso verso l’omosessualità, a questo ritorno del peggio del peggio del cattolicesimo all’italiana…e, mentre penso a tutto questo, da un lato mi avvio a seguire il congresso dei DS, dall’altro raccolgo la delusione per la fine della Rosa nel Pugno, che aveva rappresentato, per me, una quanto mai salutare novità. E allora, che faremo poi? A quale santo dobbiamo votarci?
Per adesso mi metto in attesa di sviluppi, magari meno inquietanti, e mi guardo Gad Lerner, dove si parlerà e sparlerà sull’idea di famiglia. Mi immagino la sagra delle cazzate. Speriamo non ci sia la Binetti, altrimenti mi sentirò male.
Alla fine voterò lo Sdi…lo sentirai Sergino…..

lunedì 16 aprile 2007

Ripensando all'estate dei Negramaro

Se penso a quando sono stata davvero felice l'ultima volta, mi viene alla mente l'estate in cui Giovanna e Anna sono state da noi. Era l'estate dei Negramaro, del primo pancione da guardare e accarezzare, delle spiagge castiglionesi...un'estate in cui tutto sembrava scritto, fissato, impassibile alla trasformazione, al cambiamento, al definitivo tracollo. E allora mi chiedo quanto abbia ancora voglia di fissare lo sguardo su quello spartito di ricordi, sfogliandone le pagine sempre a ritroso, come se quelle a venire fossero incollate le une alle altre ed io impaurita a leggerne la partitura. Ma dove sta scritto che la melodia che mi attende debba essere meno armonica di quella appena ascoltata? Meno orecchiabile certo, come ogni pezzo al nostro primo e distratto ascolto, ma capace di diventare una piacevolissima aria.
Mi chiedo anche chi voglia far partecipare alla mia orchestra, quali ruoli assegnare a ciascuno, quale posto affidare ad ogni singolo musicista, a chi lasciare gli assoli e chi relegare ad un impercettibile accompagnamento. Purchè si suoni, il silenzio mi stordisce.