lunedì 30 ottobre 2006

Me la sto cavando, nonostante tutto

Dovevo immaginarlo che tutto questo sarebbe stato terribilmente duro. Ma, nonostante tutto, posso dire che me la sto cavando alla grande, facendomi strada con coraggio e ostinazione in questo sempre più intricato labirinto. Ogni via di uscita, poi, si rivela una dolorosissima illusione, di fronte alla quale il mio essere così vulnerabile sembra capitolare.
Non ho cercato conforto nelle righe scritte nelle ultime settimane; la consolazione di un inchiostro virtuale su una pagina altrettanto immaginaria non sarebbe stata sufficiente a contenere il turbinio di pensieri degli ultimi giorni. Ho avuto il terrore di non poter scrivere, di non esserne in grado, di non riuscire a tradurre in parole ciò che trabocca dal mio essere più profondo (ma dove sarà questo essere più profondo, sarà forse quella che molti chiamano “anima”?). Avevo anche pensato di scrivere in terza persona, di parlare di una “lei” anziché di un “me”, nel tentativo di pormi vicino a me stessa, ma in disparte, cercando di osservarmi nello stesso modo in cui osservo gli altri. Poi, di fronte a questa totale paralisi della scrittura, ho preferito il silenzio. In queste settimane di assenza ho vissuto un nuovo spostamento, quello dall’abitazione dei miei alla mia casa in campagna, di nuovo solamente mia. Così mi sono dedicata anima e corpo a rendere questo nuovo spazio da abitare non troppo soffocante e invadente, a far diventare queste pareti meno traboccanti di ricordi. Ho spostato la mia libreria dallo studio alla sala da pranzo/cucina e mi sono spolverata tutti i miei libri, come a volerli accarezzare dopo una lunga lontananza. Ne ho sfogliato avidamente le pagine, nel tentativo di trovare, come sempre cerco in un libro, qualcosa di scritto per me, che illumini le domande di questi giorni e che dia una risposta a questa cronica insicurezza, difficile da dissipare più di qualsiasi altra sensazione. Ho ricominciato anche a godere delle coccole quotidiane della mia gatta che sembra non avermi dimenticato, nonostante il lungo distacco. Sto cercando di liberare questo luogo dai ricordi più recenti e sto tentando di recuperarne quelli arcaici, legati alla mia infanzia, così sapientemente evocata in questi ultimi giorni. Londra è ancora prepotentemente presente. Avevo prenotato un volo per venerdì scorso, nella previsione di trasformare questo lungo ponte in un soggiorno londinese, ma ho deciso di rimandare, avrei resuscitato sensazioni che sto cercando di lasciare silenti e sono certa che non avrei retto a troppi pensieri.
Di lei, volutamente, non parlo e neppure della violenza con cui la paura di perderla mi abbia assalito in questi ultimi giorni, di fronte ad una sofferenza sempre più marcata e palpabile. Ne parlerò più avanti, quando avrò capito come tutto questo stia trasformando alla radice il mio essere figlia ed il mio trasformarmi da figlia in madre affettuosa.
Qua fa ancora un caldo tremendo e io comincio ad esserne un po’ stufa. Ho voglia di accendere il camino, ho voglia di piumino e di stivali, nonché di un po’ di pioggia che porti con sé odore di autunno, per assaporare al meglio vino e castagne.

giovedì 5 ottobre 2006

Emicranie e partenze

Sono giorni che sto combattendo con la mia solita terribile emicrania che sembrava avermi lasciato tranquilla, quanto meno nei mesi londinesi. E’ ancora tremendamente violenta ed impetuosa, con il suo colpirmi per giorni interi, facendosi pesante sulle mie povere tempie ed arcigna, resistente a qualsiasi farmaco. Così anche oggi, appena tornata da scuola, mi sono appoggiata sul divano nel tentativo di placarne l’arroganza, subito dopo aver lasciato a mamma l’onore di punzecchiarmi con una iniezione e sentirsi così un po’ meno malata, non essendo lei, almeno per una volta, l’oggetto dei queste piccole torture. Dovrei studiare per i miei ragazzi e riguardare le lezioni di domani, ma non ce la faccio proprio e non solo per questo dolorosissimo mal di testa. La situazione adesso è davvero pesante, a volte apparentemente ingestibile. La mia attuale vulnerabilità deve oggi confrontarsi, non solo con la malattia di mia madre, ma anche con una serie di dolorose partenze. Ogni persona a me cara che lascia Londra e se ne torna in Italia non fa che richiamarmi alla mente la sofferenza per quel distacco. Risento viva la violenza di quella separazione, con le mie radici che reagiscono allo strappo, come a non voler abbandonare il terreno, così coraggiosamente conquistato. Ma è un’altra partenza che oggi appesantisce i miei giorni, che mi lascerà sola a vivere uno spazio che ero abituata a pensare al plurale e che adesso dovrò abituarmi ad abitare da sola. Spero che quelle pareti riusciranno a contenere il mio malessere e ad alleggerirlo un po’, senza appesantirmi ancora di più.
Mentre sto scrivendo e mentre una leggera brezza invernale entra finalmente dalle finestre, cerco di godermi mia madre che sembra stare leggermente meglio rispetto alla scorsa settimana e resto incantata di fronte all’affetto che mio padre le dimostra quotidianamente, nel nome di un amore che dura da più di quarant’anni e che io osservo stupita ed ammirata.
Domani se riesco faccio un salto a Pisa a dormire da Gio, senza il cui aiuto tutto questo sarebbe davvero insopportabile. Sempre se la mia emicrania decide di lasciarmi libera, almeno per un giorno.

“E ora le tue labbra puoi spedirle ad un indirizzo nuovo
e la tua faccia sovrapporla a quella di chi altro
ancora i tuoi quattro assi bada bene di che colore sono,
li puoi nascondere o giocare con chi vuoi…o farli rimanere buoni amici come noi”
Francesco De Gregori, Rimmel.