mercoledì 19 luglio 2006

Traiettorie di odori

L’odore di Londra è inconfondibile e ti raggiunge ad ogni angolo: lo senti spuntare da ogni ristorante, da ogni bottega di Fish and Chips, da ogni fast food. Quel profumo di frittura dolciastra che non esiterei a definire schifoso, se l’amore per questa città non mi impedisse, almeno fino ad adesso, di intercettarne i difetti.
Se rifletto sugli odori e mi lascio cullare dai ricordi, il primo che mi viene in mente è il profumo della pizza appena sfornata che nonna ogni tanto amava regalarci per cena. Quella pizza fatta in casa, non troppo sottile, con il pomodoro fresco e la mozzarella più buona che trovi in città. Noi portavamo le birre, perché la pizza senza birra è come un’estate senza granita e un inverno senza bomboloni. Adesso quelle pizze non ci sono più, ma resta comunque la scia che emanavano nelle diverse case che ha abitato, le cui pareti, forse, ne hanno trattenuto un po’ il sentore.
Il secondo è il profumo della mimosa della mia casa in campagna, insieme a quello della vendemmia e della cantina, con mio padre che coccola l’uva per farci avere del buon vino a Natale. La casa in campagna significa anche odore di terra bagnata e profumo di erba appena tagliata, falciata per permettere a quel giardino di diventare sempre più verde, così come avrebbe dovuto diventarlo il progetto che esso stesso rappresentava.
Il profumo del mare entrava dalle finestre della mia camera, così poco distante dalla spiaggia, insieme alla salsedine che seccava le piante e ingialliva il legno delle finestre. Basta affacciarsi in una giornata di vento per sentire il viso completamente avvolto dal profumo di iodio.
Poi penso all’odore di Roma, quello che ti raggiunge appena entri in stazione e che, se per i romani puzza di smog e cenere, per me non è altro che il ricordo della città a cui appartengo per metà, a cui mi sento legata con il filo sottile della genealogia materna. Sento l’odore dell’acciaio e dei binari, l’odore pungente di benzina e di calore che sale dall’asfalto, sento l’odore del fiume, delle strade e dei suoi formicai umani, così lontani dalle mie abitudini di bambina ed adolescente. L’odore di Roma è l’odore delle rosette appena sfornate e zuppate nel latte e caffè in quella casa così poco calpestata, ma non per questo meno amata e meno presente nei miei ricordi di oggi, è l’odore antico di naftalina dell’armadio sempre troppo ordinato di mia nonna. Odori che a volte mi avvolgono ancora, insieme alla nostalgia delle cose che erano. Chissà com’era l’odore di Roma quando “le voci del mio luogo” l’hanno abitata.
Non so perché oggi il profumo di Londra mi abbia fatto tornare alla mente queste sensazioni lontane, un pensiero affettuoso adesso va a chi ha pensato al profumo di “zonzelle” e a quello di “cerase”.

"Nessuno sa dove si nutrono le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca -
durare, aspettare, concedersi,
oscurarsi, apreslude"
Gottfried Benn, Apreslude.

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