sabato 22 luglio 2006

Equilibrio - stasi

Giornata davvero stancante, quella di oggi, con il caldo afoso che ti impedisce di respirare e il turbinio di pensieri che, sempre più vorticoso, non ti consente il riposo. Così anche stasera, nonostante le scarse ore di sonno della notte appena trascorsa, faccio fatica ad addormentarmi, nonostante un'aria fresca che entra dalla finestra. Oggi, in tarda serata, appena rientrata per cena, ho dovuto constatare un leggero cedimento, uno spostamento all’indietro, una perdita dell’equilibrio. Oggi, per la prima volta, ho riflettuto sulla perdita, su cosa mi lascio indietro, su cosa diventa ormai impossibile recuperare. Oggi il mio piccolo equilibrista ha barcollato per un attimo e la corda sotto i miei piedi, che sembrava forte e robusta, mi è sembrata un po’ più sottile e forse incapace a reggere il peso. Per la prima volta ho avuto l’acuto sentore che sotto i miei piedi potrebbe aprirsi un baratro e che potrei, presto o tardi, precipitarvi.
Per rimanere in equilibrio è necessario avanzare a piccoli passi, senza lasciarsi conquistare dalla curiosità di vedere al di sotto di noi, con lo sguardo fisso in avanti ed il corpo ben fermo, sfamato a silenzi e dissetato a visioni. Ma forse questa sensazione di paura è solo dovuta ad un errore prospettico, al fatto che spesso l’equilibrio si confonde con la stasi. A volte, dopo anni di immobilismo il più impercettibile movimento ti fa intravedere un terremoto, a volte la luce abbagliante ti ferisce gli occhi non avvezzi al suo sfolgorio (e allora penso a Platone: “Somigliano a noi, risposi: credi che tale persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate sul fuoco sulla parte della caverna che sta loro di fronte?”). Stasera mi chiedo se questo percorso assomigli più ad una corda tesa su cui poggiare i miei passi incerti, o ad una scalata senza corde e imbracature. Vorrei avere qui i libri di Erri de Luca che mi hanno sempre accompagnato nelle mie simboliche arrampicate per leggere nei suoi racconti di montagne, di salite e discese, un simbolo del mio procedere. Che, in fondo, è quello di tutti.

Ti fa meno male l’oblio
Che questo cerchio di velo.
E se diventi farfalla
Nessuno pensa più a ciò che è stato
Quando strisciavi per terra e non volevi le ali

Alda Merini, Anima mia che metti le ali

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