sabato 15 luglio 2006

I 57 passi

Li ho contati per anni pensando che, prima o poi, avrei trovato il coraggio di farli per l'ultima volta.
Sono 57 i passi che separano la porta dello studio da quella dell'ascensore, a cui si accede con una piccola chiave sempre pronta a piegarsi e a diventare difettosa. Per scendere però basta premere il pulsante ed allora ti ritrovi all'aria aperta e respiri a pieni polmoni cercando di non pensare alla giornata appena trascorsa, di non soffermarti troppo a capire perchè sei ancora lì. Se la giornata è soleggiata devi solo attraversare il Ponte alla Carraia e mangiarti uno dei gelati più buoni di tutta Firenze, oppure farti solo una piccola passeggiata ed arrivare a Ponte Vecchio, alla Galleria degli Uffizi, a Piazza della Signoria. Nonostante abbia vissuto a Firenze per cinque anni non c'è stato un giorno che abbia attraversato le sue piazze senza ammirarne lo splendore, cosa che spesso ti capita, quando vai di fretta e cerchi di raggiungere casa il prima possibile. Il prima possibile, perchè sai che ti aspetta una lunga notte di studio e di lavoro, perchè sei consapevole che la mattina seguente devi incontrare degli studenti e delle studentesse e offrire loro quello che meritano, perchè non puoi solo fregiarti di un "titolo" senza dimostrare quotidianamente che lo meriti. Il prima possibile per godere di quelle poche ore che ti separano da un sonno sempre improvviso e che vorresti non arrivare mai, ma a cui cedi nonostante la più ferrea volontà. Restano poche ore a disposizione prima di addormentarsi e sai che non ne hai altre. Il giorno, e tutta l'energia che avevi appena scesa dal letto, è ormai trascorso e anche oggi non sei riuscita a capire il senso di quello che hai fatto, di quello che ti è stato chiesto e non sai dare una spiegazione razionale al perchè non reagisci alla sua violenza, alla sua ostentata arroganza. Lei è sempre lì, convinta che la vita si esaurisca lì dentro, decisa a spremerti anche quando non ce ne sarebbe bisogno, incapace di vedere lo spreco di quelle ore di completa inattività, sempre alla ricerca di un pezzetto di "potere" che la faccia sentire in pace con se stessa. E io incollata su quella sedia a cercare di convincermi che questa sia stata la scelta più giusta, più razionale, più ovvia. Certo non posso abbandonare tutto proprio adesso, devo resistere, devo dimostrare agli altri, e soprattutto a loro, che mi aspetta un futuro radioso, una invidiabile carriera universitaria, una sequenza di soddisfazioni e riconoscimenti. Ma che cosa sei diventata mia cara ed amatissima Università? Possibile che il luogo per eccellenza della cultura e della libertà possa trasformarsi in una prigione e che coloro che dovrebbero essere dei mentori in sadici carcerieri?
Sono 57 i passi che mi hanno ricondotto alla vita, che mi hanno restituito a me stessa, che mi hanno regalato la gioa e l'entusiasmo di essere libera. Sono 57 i passi che mi hanno permesso di non mascherare il disgusto e il disprezzo con la più falsa adulazione, con le bugie più vigliacche, dette in primo luogo a me stessa. Sono 57 i passi che mi hanno permesso di capire che non si può costruire il proprio percorso alla ricerca di un falso prestigio che non dice nulla di te, del tuo modo di essere più autentico e genuino e che ti chiede solo di apparire per quella che non sei.
Adesso sono libera, libera di pensare e di agire, di decidere le mie giornate, di fare risuonare le mie corde nascoste, di scegliere le persone con cui condividere un pezzo di strada. Adesso sono Barbara alla ricerca del mio io più autentico. E sono qui a contemplare lo spazio immenso che la vita mi ha restituito fuori da quelle grigie e soffocanti stanze, sono qui ad assaporare un inedito quanto inebriante senso di libertà, a cercare di afferrare ogni sottile sensazione e ogni impercettibile cedimento. Sono qui, in una città già amata ed abitata, che offre sorpese anche agli sguardi più pigri, che ti accoglie con un calore unico, che ti abbraccia così stretta da non lasciarti più andare.

"Dove va il signore, con il suo cavallo?"
"Non lo so", dissi io, "purchè via di qua, solo via di qua. Via di qua senza sosta, soltanto così potrò raggiungere la mia meta".
"Dunque conosci la tua meta", osservò lui.
"Sì", replicai, "l'ho detto no? Via-di-qua...ecco la mia meta"
F. Kafka, La partenza.

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