mercoledì 21 marzo 2007

Io e loro, loro e me

Dopo la difficile mattinata di lunedì scorso, in cui ho dovuto affrontare un ennesimo, incomprensibile ed imperdonabile attacco di F., sto cercando di godermi i miei ragazzi. Bafisia dice che la differenza tra noi e loro è solo sociale e culturale e che ci sono ancora mille parallelismi da rintracciare tra le generazioni.
Cerco di cogliere il senso delle cose, cerco di afferrare il loro senso delle cose, sforzandomi di andare al di là di questa adolescenza apparentemente sfibrata, svogliatamente monadica, orgogliosamente distratta. Penso a questi quindici anni che ci dividono e cerco di risalire il corso inesorabile del tempo per scorgere somiglianze e appartenenze. A volte riesco, con loro, a suonare piacevoli accordi, altre volte produco una melodia stonata, che stride all’ascolto. Alcune volte annego nel fossato che mi separa da loro, altre volte rintraccio stupefacenti comunanze. Come ieri, con Dauson che mi chiedeva di vendergli i miei dischi dei Litfiba, quelli che hanno accompagnato alcuni anni della mia piccola rivoluzione adolescenziale, o come adesso, mentre li sento parlare tra loro in libertà. Qui in Polonia le parole finiscono in “osky” e ancora oggi si modella un linguaggio immaginario, come facevamo noi, in quella gita a Parigi dove il mio amore sembrava forte e indistruttibile, mia madre immortale, io impermeabile al dolore.

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