giovedì 10 agosto 2006

Tremori

Anche stamani mi sono concessa alcune ore di piacevole cammino, nonostante la pioggerellina che mi ha costretto, per un po’, a tenere aperto l’ombrello. Ho camminato fino all’incantevole Muswell Hill, fermandomi in una pasticceria a Crouch End dove mi sono regalata un croissant e un black coffee, visto che devo recuperare qualche chilo dopo l’“inconveniente malattia”. Seduta a gustarmi una piacevole colazione ho ammirato i gesti affettuosi di una madre a una figlia ed ho focalizzato il mio sguardo su quelle carezze, chiedendomi quante volte lei li abbia ripetuti verso di me.
Vorrei che la voce non mi tremasse, ogni volta che parlo con lei. Mi sforzo a mantenerla calma, lineare, evitando quella balbuzie nervosa che caratterizza i pensieri di questi giorni. Vorrei comunicare ogni volta una sensazione di profonda calma e convinta serenità ma la mia voce, ogni volta, mi tradisce e mi rivela.
Poi se rifletto capisco che tra madre e figlia è proprio la voce il medium per eccellenza, perché è quella voce che ha stabilito i tuoi contatti, che ha creato le tue relazioni, che ti ha svelato il mondo. Siamo legate, io e lei, non dai significati ma da quelle vocalizzazioni che ci legano dalla nascita, che hanno stabilito il nostro contatto mediante echi e risonanze vitali. Anche lei mi dice che le piace sentire la mia voce, come a me piace sentire la sua: è una vocalità primaria e dolce come il latte.
Tutto questo per me oggi significa trasformarmi in premurosa madre, ribaltare la direzione della generazione, nonché riscoprire il significato oscuro della prima relazione e rivisitare completamente quella diade che ci marca dall’inizio fino alla fine. Recupero memorie infantili, leggo equilibri dolorosi, dissotterro atavici sensi di colpa. Tutto questo inaugura un cammino difficile ma necessario: vorrei solo urlarle di non sentirsi sola, di sentire la mia presenza in ogni fotogramma delle sue giornate e di sapere che non esiste, nella vita di una donna, relazione più forte di quella con la propria madre.
Ho anticipato il volo del ritorno: se nessuno mi fa saltare in aria, arrivo a casa nel primo pomeriggio di lunedì 21. Ho già cominciato a far capire alle mie radici che dobbiamo lasciare il terreno, sradicate con la peggior violenza. Sono tante le cose che mi fanno tremare, oggi: la sofferenza, la malattia, il ritorno. Vorrei anche scrivere sul tremore di questa città, su questa oscura minaccia che pende su Londra e che mi fa infuriare di rabbia, ma stasera non mi sento in forma.

“Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire,
sono qui, solo, con te, in un futuro aprile”
P.P. Pasolini, Supplica a mia madre.

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