lunedì 14 agosto 2006

Salite e discese

Sono sempre fuori nonostante il brutto tempo che si è abbattuto su Londra in questi giorni. Sto cercando di respirare a pieni polmoni l’aria di questa città, per costruirmi un deposito personale di energie da cui attingere nei prossimi mesi. Sono molte le cose su cui sto riflettendo in questi giorni, dalla strada che ho percorso, alle contaminazioni e mescolanze che mi ha offerto la mia scrittura, a quel rendiconto davanti a me stessa che questa archeologia del vissuto mi sta regalando.
Penso alla salita di questi mesi, al respiro affannoso durante le salite, alla gioia di respirare a pieni polmoni nelle tappe intermedie, al cammino veloce lungo le discese, al tentativo di individuare la cima innevata e vederla sempre più vicina. Rifletto sui paesaggi ammirati dall’alto, sui dirupi su cui mi sono affacciata, sulle immagini di fronte alle quali ho distolto lo sguardo, sui colori che ho contemplato con occhi assorti. Questi mesi sono stati per me la fatica di arrampicarmi lungo pendii scoscesi e pareti a strapiombo, per poi godere del recupero nelle pianure e respirare l’aria inebriante delle vette altissime.
Così ho capito che, nonostante il forzato rientro sembri, a prima vista, riportarmi indietro, questo non coinciderà mai con un ritorno al punto di partenza. L’aereo atterrerà da dove sono partita, ma adesso ho altri occhi con cui osservare il paesaggio che mi aspetta ed ho parole da urlare, non più da sussurrare. I muscoli delle mie gambe si sono ingrossati in questo cammino ed adesso faccio molto meno fatica a proseguire il percorso. E’ come una lunga corsa: i primi venti minuti servono per costruire il fiato e poi si va, si macinano chilometri e ogni volta la fatica è meno difficile da sopportare ed il respiro si fa via via più lineare e meno affannoso.
Dentro di me sento aprirsi fratture ed a volte percepisco l’acuto timore di perdermi in brandelli prima d’aver capito la nuova trama del mio essere; eppure in fondo in fondo percepisco un inedito senso di libertà, la sensazione di essere affacciata sul limite di un continente che finalmente potrò esplorare senza paura. Se prima ero, di fronte a me stessa, un oggetto indistinto e disperso oggi mi riconosco nei miei passi, nelle scelte che faccio, nelle cesure sofferte che ho operato.
Adesso mi aspetta una discesa ma, come dice Erri, è lì che si scorge la vera abilità dello scalatore.

“La cima è la promessa mantenuta al ragazzino che strepita in ognuno di noi, è il più certo dei limiti sul quale metti i piedi, ma è visita breve, solo in discesa si completa l’impresa”.
Erri De Luca, Sulle tracce di Nives.

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