venerdì 23 novembre 2007

A new heaven, a new earth


"Dovremmo trovare un nuovo cielo, una nuova terra", Shakespeare faceva dire ad Antonio, rivolto alla sua amata "zingara". E’ l’infatuazione improvvisa, la follia amorosa che subentra all’incrocio di sguardi che impone ad Antonio di immaginare "a new heaven and a new earth", per non imprigionare nel cielo delle stelle fisse il suo amore incommensurabile. Di questo ho parlato ieri ai miei studenti, che mi guardavano allibiti e curiosi, di fronte ad una lezione così inusuale. "A new heaven and a new earth": adesso sono io che devo trovarli. Un nuovo cielo verso cui dirigere i miei sguardi, che mi apra il varco dell’impensato, nel quale possa rintracciare paesaggi inesplorati, verso cui rivolgere mute preghiere. Un nuovo cielo che possa accogliere la Speranza, quella a cui io continuo a non credere, ad oppormi con la forza del mio pensiero positivo e razionale, che chiude ancora oggi la porta in faccia al divino. Una nuova terra da cui sia bandita tutta questa amarezza, che adesso sto attraversando, cercando di non rimanere impaludata nelle sabbie mobili dell’insicurezza e della paura. Una nuova terra in cui possa dirigere con più certezza i miei passi, una nuova terra dove mia madre possa camminare sicura, senza questa angoscia del futuro che tutti ci soffoca e tormenta. Una terra dove ci sia un posticino anche per me, meno labile, meno insicuro, una casa che mi scaldi le sere insonni e che mi accolga, insieme alla mia piccola Bice che la vecchiaia ha reso così affettuosa (e sembra anche sempre più affamata….). Mi chiedo se ci sia da qualche parte questo posto, mi chiedo se sia davvero possibile per la Barbara di adesso porre un confine, darmi almeno un argine, per non avere l’idea di una caduta in picchiata o di un vagare incerto, senza meta. Mi chiedo se non debba davvero condannarmi a questo mio eterno nomadismo, fisico e mentale, che mi rende apolide ovunque mi trovi. Eppure in quella città, così straniera, così diversa, così "altra", così immensa da essere il simbolo fisico del mio spaesamento, avevo davvero messo delle radici. Mi dicevo che mi ero piantata su quella collina di Hampstead ed ancora oggi penso che un po’ di radici siano rimaste a marcire là sotto, nonostante io abbia cercato di estirparle con tutta la forza possibile, quella che mi aveva dato l’incommensurabile amore che provo per mia madre. Sono tante le domande di queste sere solitarie: mi chiedo se davvero la vita che io sto vivendo non sia stata scritta da altri, da tutti coloro che hanno reciso ogni mio ancoraggio e mi chiedo se, alla fine, io abbia davvero la voglia di fermarmi o preferisca continuare a vagare. Dove? Sinceramente non so. Per ora me ne vado a Firenze, parto fra poche ore e torno domani. Vado a fare il pieno di città e di ricordi…senza la "bestia" però….

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Felice soggiorno a Firenze , torna sorridente e con buoni propositi,
baci Anna

Anonimo ha detto...

Felice soggiorno a Firenze , torna sorridente e con buoni propositi,
baci Anna

Anonimo ha detto...

Dicci che non è vero che sei venuta a Firenze e non ti sei fatta nemmeno vedere.
Nel caso, due bacini stizziti da
Cristina e Giampiero.

Barbara ha detto...

Carissimi,
siete voi che avevate casa serrata e non c'era segno della vostra presenza in giro. Mi sono attaccata al campanello sia venerdì sera che sabato mattina...
comunque ho fatto davvero tutto di corsa, una visita toccata e fuga.
Ci vediamo prima di Natale.
Baci