venerdì 6 febbraio 2009

Sabbie mobili

Piove da giorni e sembra non voler smettere. Invece di questa pioggia umida avrei bisogno di un sole caldo e avvolgente che dia un po' di tepore, oltre che a queste giornate, anche alla mia anima. Aspetto questo weekend per concedermi una tregua, un po' di riposo, un recupero da questi giorni di grande stanchezza e di forti emicranie. Avrei anche un acuto desiderio di ricominciare a correre, di riprendere quel simbolo del mio procedere, di sentire la stanchezza, il respiro affannato, i battiti del mio cuore salire a ritmo accelerato e quel senso di sollievo ristoratore al rientro a casa. Peccato che le mie doloranti ginocchia mi tolgano anche questo piacere. Ci riproverò, magari solo per dimostrare a me stessa che sono una che non si arrende mai. Non mi arrendo, se non di fronte alle sorprese, se non di fronte a questa mia incapacità di leggere i miei pensieri sconnessi e le mie altalenanti sensazioni. Mi chiedo, ancora una volta, che cosa stia nascondendo a me stessa, quali siano le emozioni che restano strizzate, contratte, incapaci di prendere respiro e rendersi percepibili e decifrabili. Mi sento un ammasso informe di paure, che riesco a intuire ma che restano pesanti sul fondo, senza galleggiare in superficie, senza prendere corpo, senza acquisire voce, magari attraverso l'esercizio costante e lenitivo della scrittura. Temo questo nascondimento di me a me stessa, questo mio essere perennemente amorfa, questa mia incapacità a riconoscere un io nel quale specchiarmi e riconoscermi. Vedo solo uno stagno nero e melmoso, con le acque appesantite da mille pensieri e un vortice di correnti che si avvitano su se stesse rendendo il fondo inavvicinabile. A volte, più che uno stagno mi sembra di assomigliare alle sabbie mobili e mi ci sento quasi incastrata.

Nessun commento: