martedì 4 marzo 2008

L'estate di Vermicino

Quando Riccardo mi confidò di essere nato nel 1980 io commentai così: “L’anno di Alfredino Rampi”. Non so bene per quali tortuosi giri della memoria, ma il mio pensiero andò a Vernicino e a quella ferita nella mia anima di bambina delle elementari che non so bene se si sia o mai rimarginata. In realtà la mia risposta non fu corretta: mi ero sbagliata di un anno, perché Alfredino fu inghiottito nel giugno del 1981 e, dopo alcuni giorni, morì la sotto, in quel pozzo artesiano di trenta metri che famelico se lo inghiottiva di ora in ora e lo divorava strappandolo alle mani ossute di quegli esilissimi speleologi che invano cercarono di riportarlo a sua madre. Ogni giorno sembrava che il piccolo avrebbe rivisto presto la luce del sole, il cielo dei castelli romani, risentito la voce della madre che la scaraventava in fondo a quel pozzo nella speranza di tranquillizzare il suo piccolo sparito laggiù. Invece le ore si susseguivano, i grandi incollati al teleschermo a scrutare le imprese di chi si calava in un buco largo appena trenta centimetri, sperando che Alfredino fosse lì, a portata di mano. E noi piccoli a chiederci quanto crudele fosse quella terra su cui camminavamo tranquilli se era davvero capace di divorare i bambini che su di lei muovevano i primi passi. Ricordo che quando Alfredino morì, a trenta metri di profondità, io non riuscivo più a giocare in campagna come ero solita fare. Ricordo che la Barbarina di quell’estate, in quella casa fuori città che adesso abito da sola quando non sono ospite della laguna, circondata da campi di grano, da frutteti, da vigne e da oliveti, non aveva la forza di giocare da sola per paura che la terra si aprisse sotto i suoi piedi e non la lasciasse più tornare in superficie. Vedevo buchi neri e profondi ad ogni passo, immaginavo voragini senza fondo nascoste ovunque ed ho continuato a pensarci per un bel po’, fino a che gli anticorpi di noi bambini non hanno spazzato vie le paure e le angosce di quel giugno 1981. Non avrei davvero pensato, dopo Alfredino, di provare la stessa identica angoscia di fronte a bambini inghiottiti dal buio. Di fronte ai fratellini di Gravina bloccati in quella cisterna mi si blocca il respiro e credo che tutti abbiano provato la vivida angoscia che si vive di fronte all’impensabile e all’assurdo. E magari, qualcuno, come me, di fronte a due innocenti Alfredini, ha riscoperto una ferita ancora aperta nella memoria e mai cicatrizzata.

7 commenti:

rompina ha detto...

Uhm...ma lo sai che ci ho pensato anche io?
Di quella tragedia ricordo le immagini delle ruspe, le corde degli speleologi sporchi di terra, quel buco che inghiottiva persone, il mio continuo deglutire in risposta ad un'angoscia che non sapevo nemmeno raffigurarmi...
Allora mi stringevo alla mia mamma, guardando nel salotto di mia nonna la TV in bianco e nero, cercando di capire perche' semplicemente non potessero scavare un buco fino a salvare Alfredino...era tutto semplice nella mia mente di bambina...
Ora, altrettanto semplicemente, con la stessa sorpresa mi chiedo perche' nessuno abbia cercato in quel pozzo...

Gianluca ha detto...

Fu la prima tragedia vissuta in diretta televisiva in italia e segnò forse tutti quelli che erano bambini all'epoca. La tv spettacolo degli sciacalli era ancora lontana da venire.
L'italia non era più buona era solo più ingenua. Vi ricordate Radio Days di Woody Allen? Forse in ogni infanzia c'è un bambino che cade in un pozzo e la voglia di abbracciare mamma e papà.
Un abbraccio
g

Bk ha detto...

Ha scavato un dolore profondo in tutti i bambini dell'epoca.
Nessuno ne è rimasto immune.
Anche a me sentire dei fratellini di gravina mi ha fatto brutto...
per fortuna l'altro bambino l'hanno tirato fuori...

Anonimo ha detto...

Barbara, quella di Gravine è stata davvero una tragedia..Se ci penso mi vengono i brividi...Mi dispiace molto per il tuo amico Alfredino...Perdere un amico è davvero tremendo...
Un abbraccio forte!

maxpaglino ha detto...

certo che me lo ricosdo Alfredino, le sensazioni sono uguali a quelle da te descritte, la cosa che mi fa rabbia è che in tutte e due le tragedie i pericoli sono stati creati dall'uomo: il pozzo artesiano non era chiuso, e il pozzo del casolare abbandonato non doveva essere lasciato con l'apertura libera incautamente da gli eventuali proprietari visto che la recinzione era fatiscente, purtroppo i bambini sembrano programmati per mettersi nei guai, mentre gli adulti dovrebbero adoperarsi per dare loro un mondo sicuro e vivibile.

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)