giovedì 6 dicembre 2012

Il cuore dei tulipani



Non ricordo il giorno in cui abbiamo deciso di piantare i tulipani sotto i cipressi. La scelta, col senno di poi, non è stata delle migliori, perché il sole arriva a sprazzi sotto gli “alberi pizzuti”, come li chiamava lei in un romanesco che ogni tanto affiorava dai recessi dell’infanzia. Eppure ho l’immagine delle sue mani, così somiglianti alle mie, nella forma delle dita, nel perimetro delle unghie, nei movimenti delle carezze, che nascondono sotto terra quei bulbi nodosi, cuori congelati pronti a battere di nuovo a ogni inizio di primavera e ad esplodere in un giallo intenso. Li vedo,  a maggio e a settembre, dare un po’ di colore a quel porticato. Il colore non era stato scelto a caso. Il suo preferito, un giallo intenso, caldo, avvolgente. Quando venne a trovarmi nei miei primi, ma mai dimenticati, mesi londinesi, la aspettai all’uscita dell’aeroporto di Stansted con un mazzolino di tulipani gialli, comprati al volo in un chiosco vicino casa a Camden e incartati con un giornale da mani screpolate dal freddo. E gialli erano gli ultimi fiori per lei, gli unici, i nostri.
Adesso non so nemmeno di che colore siano le gemme che ornano quella tomba semplice e squadrata, ci pensano nonna e papà e io li lascio fare, felice di non doverla visitare laggiù, convinta che i luoghi del ricordo siano altri, sicura di trovarla nella sagoma del mio corpo, nei lineamenti del mio viso, nel tono della mia voce, nella forma del mio sorriso. La sento e la vedo lì, sotto quei cipressi, in mezzo alle macchie di colore dei nostri tulipani. So che adesso devo traghettare un intero inverno per vederli sbucare, timidi e discreti per poi sbocciare sfrontati e alteri. E l’inverno dei suoi tulipani è anche il mio inverno. Vorrei sentirmi a casa in quella campagna, vorrei sentirmi accolta come si sentiva lei su quella collina non lontano dal mare. E invece ogni volta mi rendo conto che quello non è più il luogo che posso e voglio abitare e che ho bisogno di ricominciare da capo, in un’altra città, con altri colori, altri fiori. Perché il cuore che deve sbocciare di nuovo adesso è il mio, rinsecchito e inaridito sotto la pioggia infinita di questa laguna. E mi sento come se la uccidessi di nuovo a non amare quella casa come la amava lei. E mi sembra di uccidere due volte un amore a non voler abitare quelle stanze disegnate con tanta cura e maestria da chi le abita da sempre. Sono di nuovo alla ricerca di una casa da abitare. Spero solo che, alla modica cifra dell’affitto che posso concedermi, riesca a scovare un rifugio per me, con un piccolo balconcino che dà su una strada rumorosa e trafficata, per ornarlo con qualche tulipano giallo, per portarla con me nel mio nuovo inizio.  

1 commento:

Baol ha detto...

Non preoccuparti, è nel cuore sia il ricordo che la casa che porta con se, anche se non tornerai più in quelle stanze.