domenica 7 gennaio 2007

Il contrario di uno

Scrivendo così, senza trucchi né finzioni, senza nemmeno curarmi di me stessa, spesso partorisco pagine che sfuggono alla mia stessa comprensione, non solo a quella di chi legge. Ma la scrittura è così, ognuno ne raccoglie i frutti che ritiene più saporiti, ognuno ne assapora una parte, scegliendo, dal grumo dei termini versati, a volte confusamente, ciò che è solo in sintonia con se stesso. Questo mi hanno insegnato le ipnotiche poesie di Nalpas, a giocare un po’ a tombola con parole, a pescare nel mucchio, magari casualmente. Stasera scrivo così, pensieri sparsi, sconnessi, facendoli venire piano piano a galla da un me ancora in tempesta, che rischia di schiantarsi sugli scogli. Chiedo scusa a chi perderà del tempo nel leggerli, ma sono le quattro del mattino ed ho perso un po’ di lucidità nel cercare inutilmente di prendere sonno. E’ una notte difficile, che si spinge fino alle luci dell’alba. Galleggiando in un mare di emozioni da sentirmene quasi affogata, cerco di interrogarmi su molte cose, ancora oscure, ancora non attentamente filtrate. Sto negoziando la mia identità, ancora una volta, ancora una volta nel gioco infinito delle relazioni. Mi chiedo che cosa rappresentino oggi per me, quali siano gli altri significativi a cui aggrapparmi, quali gli altri con cui dialogare, a chi dare spazio, a chi aprire la porta, a chi, invece, rendere difficile il varco. Sarà bene che decida quali carte scartare dal mazzo, quali siano o meno necessarie a farmi portare avanti la partita, senza subire rovinose sconfitte.
Ho studiato un po’ Charles Taylor nei giorni scorsi, soffermandomi sulle dense pagine a commento della Fenomenologia. Torna, di nuovo, nelle riflessioni quotidiane, il tema caro del rispecchiamento. Io mi cerco/vedo in te, io mi rispecchio nel tentativo di dare spessore ad un essere, il mio, che non sarebbe tale se non grazie alle mie relazioni dialogiche. Si pensa alla filosofia alle quattro e mezzo di mattina in questa casa, in mancanza di qualcosa di meglio. Ma non si riflette su un argomento causale, si ricostruiscono i nessi di una riflessione su un tema così centrale alla Barbara di oggi, quello nodale del riconoscimento, della dualità, in primo luogo materna. Mi chiedo cosa cerchi nell’altro e mi soffermo ad analizzare le delusioni che si rapprendono sulla mia anima, fino a soffocarla. Penso a quel passaggio segreto che si crea nell’intersezione delle parole e degli sguardi, passaggio segreto ma privilegiato attraverso cui si aprono un varco i non detti, le emozioni trattenute, la paure taciute, le speranze faticosamente ordite. Pesa questa solitudine, come mai prima d’ora. E pesa questa mancanza di coraggio che mi rende ancora schiava delle solite dinamiche, per me tremendamente assassine.

“Due non è il doppio ma il contrario di uno.
Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato”
Erri De Luca, Il contrario di uno

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Le sconfitte sono inevitabili, quando ci si mette davvero in gioco. E la comunicazione, quasi sempre, è uno sforzo di interpretazione. C'è un gioco, che mi ha affascinata fin da piccina, il gioco dei colori. Devi dare un colore ad una parola e la persona che ti sta di fianco fa la stessa cosa con la stessa parola. Mi sorprendevo perché per il mio compagno di giochi, ad esempio, "amicizia" era blu, per me era verde. Pronunciavamo lo stesso lemma dandogli un senso completamente diverso. Anche oggi, a volte, mi trovo a pensare: ma per questa persona, questa parola, che significato avrà avuto? Abbiamo forse parlato per anni di cose completamente diverse?
Questa diffidenza verso il linguaggio porta a commettere errori: il non parlare o il riempire i silenzi delle persone con pensieri solo propri. Ma a volte, in casi tanto rari quanto splendidi, accade un piccolo miracolo: la simpatia. In senso etimologico o fisico. Come quando poni un diapason di fianco ad un altro. Nel percuoti uno e anche l'altro comincia a vibrare. A volte succede con le persone. In quei casi, allora, si fa bene ad osare, ad aprire le porte perché è dalla testa che parte tutto, non dallo stomaco. Un baciuz

Anonimo ha detto...

"scrivere è comunicare con gli assenti" S.Agostino

Anonimo ha detto...

Per la prima volta vedo il tuo blog e penso che la tua passione per la scrittura sia contagiosa perché non riesco a trattenere la voglia di postarti due righe. Allora apro Uorde (non si dice così in Toscna?) e per un attimo tentenno, e mi sfiora il pensiero di abbandonare a causa di quella pagina desolata e immacolata che quasi mi imbarazza: la mente vola indietro di anni, alle superiori quando una penna che cadeva, una sedia che al piano di sopra si muoveva e ogni minimo sussurro sembravano tuoni e io che dovevo comunque riuscire a fare il mio tema lottavo con lo scorre del tempo cercando di ricopiare tutto in “bella” prima della fine dell’ora. Stavolta è diverso, provo a scrivere di getto senza pesare le parole senza pensare che ogni frase può essere interpretata in mille modi diversi, senza curarmi delle conseguenze che la stessa può causare. A dire il vero non mi devo impegnare molto per esprimermi in modo diretto, è una cosa che faccio spesso (il tipico rimprovero di tua cugina è: ”hai un modo di dire le cose…!”) anche se la falsa società di oggi mi ha insegnato un po’ di… “diplomazia”. Così facendo però perdiamo il contatto con “noi stessi”, smarriamo la nostra identità e nel peggiore dei casi i nostri valori: per non essere tagliati fuori, isolati, per rimanere integrati in questa società, ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che così facendo veniamo trasportati dalla corrente, dal ritmo frenetico del quotidiano. Allora ci si interroga e ci si domanda se vale la pena barattare la nostra identità con finte amicizie, falsi sentimenti, emozioni sbiadite cercando di stare attenti affinché qualche parola, qualche frase, o qualche comportamento non spezzi alcun legame. Poi ci si sveglia di colpo e ci si accorge che nessun legame vale l’essere noi stessi, la nostra “autenticità”l’essere come siamo e non come vorrebbero che fossimo.
Un abbraccio fortissimo
Danilo

Anonimo ha detto...

boring woman