giovedì 25 ottobre 2007

Sgravare

Stamani in seconda (che per me, povera diplomata al liceo scientifico è ancora una stramaledetta quarta) Max e Francesco, mentre io consumavo le mie corde vocali sulla storia della Francia nel XVII secolo, si dedicavano, beati e tranquilli, ai loro esercizi di chimica, in attesa del compito che li attendeva all'ora successiva. Così ho chiesto loro di smetterla e di prestare almeno un po' di attenzione alla lezione, per poi sentirmi dire che avevo frainteso e che non erano gli esercizi di chimica a tenerli occupati. Non lo credo, ma hanno dimostrato di essere ancora più sciocchi, visto che, in mancanza di altri indizi, li ho dovuti accusare di giocare a battaglia navale o a filetto.
Il filetto di Max e Francesco è solo un proemio, una introduzione al racconto di oggi, ma necessario a cogliere la "bellezza" di quello che è accaduto stamani.
Poco dopo, spiegando la politica fiscale di Jean Baptiste Colbert, nella Francia di Luigi XIV, ho utilizzato l'espressione "sgravi fiscali", per accorgermi che gli sguardi dei miei alunni da addormentati quali sono alla prima ora di lezione, si sono trasformati in sguardi preoccupati, indagatori, increduli. Così ho chiesto loro il significato di tale oscura espressione per sapere che, per loro, uno "sgravio fiscale" non è altro che un inaspettato aumento delle tasse, incontrollabile, spesso inspiegabile. Oddio, datemi una sedia, perchè alle otto e trenta del mattino, con l'emicrania che sale lentamente, credo che non resisterò a lungo a simili sciocchezze. "Vabbè", mi sono detta, "prendiamo il toro per le corna e cerchiamo di capire il loro ragionamento". Si, forse è meglio fare un passo indietro e indagare sull'oscura forma verbale "sgravare".
"Sgravare"...ragazzi ma cosa significa sgravare?
"Prof. quando uno 'sgrava', 'sgrava'", prima risposta. In che senso? Cerco di penetrare i loro intricati ragionamenti, cerco di immedesimarmi in loro, cerco di recuperare quelle scarne nozioni di orbetellano che adesso posseggo. Forse ho capito, ma attendo a formulare ipotesi, cerco di raccogliere ancora qualche loro segnale. "Prof. quando qualcuno esagera, va' di fori, 'sgrava'".
Sì, le mie intuizioni avevano colto nel segno. Ed ecco che, un altro Francesco, anche lui sempre in altre faccende affaccendato, tira fuori dal cilindro della sua saggezza l'esempio calzante, che illumina ogni mio più esile dubbio:
"Prof. ecco l'esempio giusto: per esempio no, prima no, quando loro due giocavano a filetto no, mentre lei spiegava, insomma prof., 'hanno sgravato'". Ci siamo, tutto è chiaro adesso. Ecco che cosa significa per i ragazzi di Orbetello di una seconda liceo classico il verbo "sgravare".
Così mi rendo conto, ancora una volta, che dobbiamo indietreggiare ai primi passi dell'alfabetizzazione. Nell'ora di buco trascrivo loro dall'enciclopedia Treccani il significato del verbo, inserendoci anche alcuni esempi e distribuisco nell'ora successiva la pagina ai ragazzi, chiedendo loro di imparare ad usare un po' il linguaggio. Anche oggi hanno dimostrato un errore di prospettiva: se di solito scambiano i privilegi per diritti, oggi hanno sbambiato il dialetto con la lingua italiana. E meno male che insegno al classico!

mercoledì 24 ottobre 2007

Di nuovo una kefiah

Sono sommersa dai pensieri, alla ricerca, ancora una volta di uno stabile baricentro, di una prospettiva in grado di ampliare il raggio dei miei sguardi. Sono stati giorni di sorprese, questi appena passati. La sorpresa di sentirmi, mai come quest'anno, debole e insicura nell'affrontare questa nuova avventura a scuola, sempre meno tollerante nei confronti dei miei ragazzi che mi stupiscono, ogni volta, con i loro comportamenti insensati. Ogni tanto cerco la Barbara di quindici anni fa nei loro sguardi, la intercetto con avidità per vedermi ancora un po' in loro, per capire come sono cambiata, che cosa mi sia successo in questi anni, quali percorsi mi abbiano portato fin qua. Allora mi ritrovo dietro quella kefiah che avvolge il viso di Gaia ogni mattina, in quella acerba iniziazione alla politica che mi faceva essere così insopportabile ai miei compagni alla sua età, ma che mi rendeva così fiera, in quella sensazione di abitare i margini che ancora oggi rivendico con orgoglio. Mi chiedo se avrei o meno fatto sciopero contro il decreto Fioroni. Ho raccontato loro i miei, di scioperi, i nostri, così diversi ma anche così simili a quelli che oggi li tengono fuori dalle aule scolastiche. Ho parlato loro di quel gelido gennaio 1991 con le mani immobilizzate dal freddo a suonare la chitarra in quella piazza piena di noi, a intonare quel geniale "Saddam Hussein Party" che qualcuno (forse il Mignetti? Forse Lapo?) aveva così abilmente strumentato. Ho detto loro che sicuramente oggi non avrei scioperato contro la seconda guerra del Golfo, ma questa è un'altra storia, è la storia di come si cambia nel corso degli anni, è la storia di come si abbandona la kefiah e si vota per il pacchetto welfare. Gaia dice che sono una "cerchiobottista" e da una fan di Turigliatto non posso che aspettarmi questo; ma mi piace questo mio confrontarmi con lei, che è un po' come parlare a me stessa indietro nel tempo. Peccato che Gaia sia una perla rara, ma la ringrazio, insieme a pochi altri, di aiutarmi ad amare ancora questo lavoro e insieme ad esso, anche un po' me stessa.

domenica 7 ottobre 2007

Lacrime

Avevo scritto alcune righe di getto, dopo la tragedia di quindici giorni fa. Non le avevo pubblicate, semplicemente perchè ad Orbetello non posso collegarmi e a scuola tutto fa acqua, persino una semplice connessione in rete. Le pubblico adesso, per non dimenticare il dolore di quei giorni.

"Ho parlato un po’ di vita e di morte ai miei studenti di prima, proprio nei giorni scorsi. Un’introduzione alla filosofia non può che contemplare simili questioni, soprattutto se è Savater il filosofo che ti offre la chiave di ingresso da fornire ai tuoi ragazzi. Nel suo testo di iniziazione alla filosofia, “Le domande della vita”, racconta che il suo amore per questa disciplina è nata dopo essersi accorto che, nolens volens, sarebbe andato incontro alla morte. Prima o poi la nera signora avrebbe colpito anche lui, avrebbe bussato alla sua porta, senza chiedersi educatamente se fosse o meno pronto a questa necessità. Ne abbiamo discusso, tutti insieme. E ci siamo chiesti se è proprio come dice Savater, se una vita senza domande, senza stupore, senza la meraviglia aristotelica, non sia davvero un anestetizzarsi, un rinunciare alla vita in attesa della morte. E poi abbiamo parlato dell’ingiustizia di Anassimandro, l’espiazione di quella colpa nella distruzione dell’esserci, e abbiamo proprio riflettuto su quell’ingiustizia cosmica su cui scrive il filosofo milesio. E ripenso ai loro occhi adesso, adesso che questa ingiustizia si è fatta palpabile, adesso che le domande trovano ancora meno risposte, adesso, attoniti in un abbraccio consolatorio. Spero di riuscire a fare del mio meglio, senza varcare i limiti come di solito faccio, ma assicurando una presenza che possa almeno scaldare un po’. Ci vorrà un po’ per riprendere i ritmi di sempre, ci vorrà un po’ per distogliere lo sguardo da quel banchino….banchino che non so che fine farà….decideranno i ragazzi tutti insieme, su tutto. Noi dobbiamo solo aspettarli…ed amarli come sempre. "

Indometacina

Scrivo da Roma, dopo un mese di silenzio. Solitamente il mio mutismo è indice di benessere e serenità, di un mio ritirarmi in me stessa a godere gli attimi senza bisono di rimuginare come al mio solito. E' la terapia della scrittura che mi offre riparo ogni volta che ho bisogno di fare ordine nei miei pensieri. Quest'estate, invece, mi sono consessa delle pagine divertenti, buttate giù senza bisogno di lenire nessun dolore, nessuna delusione, senza bisogno di rintracciare, ancora una volta, un farmaco efficace....ho scritto così anche per prendermi un po' in giro, per ridere un po' di me e di quello strano zoo che è la mia famiglia. Settembre, invece, è stato un mese drammatico e non ho scritto perchè prostrata a terra da emicranie sempre più terribili e incontenibili, schiacciata da un corpo che non riesco più a controllare. Indometacina. Sono sopravvisuta grazie a dosi massicce di indometacina. Chissà cosa succederà. Adesso mi sento completamente distrutta, ma sto cercando la forza di reagire, anche pensando alle parole di mamma che è stata qualche giorno ad Orbetello a coccolarmi un po' e che mi ha curato e sostenuto nonostante tutto. Adesso, invece, mi godo le coccole del mio Riccardo, insieme a questa città così amata. Che dobbiamo visitare in macchina, purtroppo, invece che in moto, visto che sta piovendo da ieri.